I personaggi

Sabato Martelli Castaldi

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Ufficiale esemplare, fu radiato da Mussolini per aver esposto con coraggio e senza veli la disastrosa situazione dell'aeronautica. Arrestato per la sua attività antifascista, fu detenuto nel carcere di via Tasso per 77 giorni. Sottoposto alle più terribili torture, non fece neppure un nome dei suoi compagni di lotta. Fu ucciso alle Fosse Ardeatine.

                   

 

Matteo Della Corte

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Così scriveva nel libro “I giorni e le opere di Matteo Della Corte” nel 1975)  il prof. Michele Grieco,  «Intorno alla figura di acuto ricercatore, segregato in una sua accigliata e pur simpatica epicurea solitudine di archeologo anacoreta, dimidiato tra le assidue ricognizioni nella città morta, fatta viva per lui, e le cure del suo orticello, è germogliata una vera e propria leggenda».

Matteo Della Corte, archeologo, è stato infatti uno dei maggiori epigrafisti e lettore di graffiti italiani.

Nato a Cava de’ Tirreni il 13 ottobre 1875,laureato in Giurisprudenza e in Lettere,membro di diverse Accademie italiane ed estere, trascorse quasi sessant’anni nello studio degli scavi di Pompei. Al Congresso di Studi romani nel 1933 presentò incredibili rivelazioni sul periodo piu’ oscuro della vita di Augusto, attraverso al documentazione di graffiti scoperti sui muri di Pompei.
Tra l'altro egli identifico' in località "La Starza" a Somma Vesuviana, la dimora che vide la morte di Augusto, rimanendo impressionato dalla suontosità dei pochi resti portati alla luce. All'epoca il territorio di Somma ricadeva sotto la giurisdizione della città di Nola e, secondo il racconto di Tacito, Augusto morì, appunto, "apud Nolae" (presso Nola). Ma la scoperta piu’ significativa , molto nota al grande pubblico, è quella relativa alla presenza dei Cristiani a Pompei anteriormente al 79 D.C.: egli scoprì due esemplari dell’ormai famoso crittogramma del Pater Noster: uno di questi fu ritrovato su una delle colonne mediane del portico occidentale della grande Palestra pubblica posta vicino all’Anfiteatro di Pompei. Il crittogramma propone una misteriosa trascrizione sia delle prime due parole del Pater Noster sia del mistico simbolo dell’ Alfa  e Omega. Il Crittogramma è formato da cinque lettere, le quali da qualunque parti si leggano, in larghezza ed altezza, anche capovolgendo il quadrato,danno sempre lo stesso significato.

ROTAS

OPERA

TENET

AREPO

SATOR

 

La traduzione è:

SATOR Il seminatore
AREPO sul suo carro (arepo è parola di origine celtica il cui significato è simile a carro)
TENET dirige
OPERA con perizia
ROTAS le ruote (qui le ruote stanno a significare le orbite dei corpi celesti)

È chiaro che il seminatore è Dio mentre il carro è il suo trono. Con tutte e sole le venticinque lettere che formano questo quadrato magico, fu composto un altro diagramma: dove due PATERNOSTER appaiono intersecandosi, entrambi preceduti da A e seguiti da O, lettere che stanno per alfa e omega cioè i simboli dell'inizio e della fine di tutto.

Conferenziere geniale, il prof. Della Corte incantava letteralmente il pubblico grazie alle sue rievocazione di fatti e tradizioni antiche.Mori’ a Pompei il 5 febbraio 1962 ed è sepolto nel cimitero di Pompei in un grande monumento sepolcrale.
Numerosi sono i suoi scritti tra cui: Ercole e l’Ara Massima in un dipinto pompeiano, il Pomerium di Pompei, Novacula, Fullones, Epigrammi sepolcrali in Nuceria, Cleopatra, Marcantonio e Ottaviano nelle allegorie degli Argenti di Boscoreale.
La Città di Cava, memore, ha dedicato alla studioso una strada, una scuola ( l’ ex Istituto tecnico Commerciale, ora I.I.S.) nonché un busto bronzeo a Palazzo di Città.

Marco Galdi

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Marco Galdi nacque, terzo di cinque fratelli, a Pregiato di Cava dei Tirreni il 24 settembre del 1880.
Frequentò il Liceo T.Tasso di Salerno dove ottenne la licenza nel 1899; allievo di Enrico Cocchia, si laureò a Napoli nel 1903 'magna cum laude' con un lavoro su ' Cornelio Gallo e la critica virgiliana'; autodidatta in parte (per il greco, il tedesco e l'inglese) si provò anche in traduzioni dal Gregorovius e da Swiburne. Insegnò dapprima nei ginnasi (dal 1905: Rossano Calabro e Salerno) e quindi dal 1911 nei licei di Cosenza, Benevento, Caserta ed al Collegio militare di Napoli. Nel 1916 ottenne la libera docenza in Lingua e letteratura latina. Nel 1924 vinse il concorso a cattedra in Lingua e letteratura latina per l' Istituto Superiore di Magistero di Messina di cui fu anche direttore e dove rimase fino al 1926 quando fu chiamato dall'Università di Pavia per succedere a Carlo Pascal; a Pavia fu anche supplente per quattro anni di Ettore Romagnoli nell'insegnamento di Letteratura greca. Dal 14 gennaio 1930 insegnò all'università di Napoli.
Morì a S. Giuseppe Vesuviano il 15 maggio 1936.

IL CASTELLO

Come piramide sorge un colle
a vigilare dall'alto i villaggi
de l'alma Cava:
levasi tutto ammantato di fronde,
e aria salubre lo carezza.
In vetta alla mole pietrosa
sorge il Castello,
strenuo baluardo de la montagna:
è un eroe che ora dorme,
ma che un tempo fu tromba di guerra
.

M. Galdi, Carmi latini, Cava 1937

Gaetano Filangieri

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Gaetano Filangieri (1752 - 1788)

Gaetano Filangieri, terzogenito di Cesare,principe di Arianiello e di Marianna Montalto dei Duchi di Fragnito, nacque a Napoli il 18 agosto 1752.
Nel 1783 sposò Carolina Fremdel di Presburgo e venne a stabilirsi a Cava nell'agosto del 1783, ospite della famiglia Carraturo, in una villa nelle vicinanze del Borgo, all'inizio della strada per Passiano. Qui gli nacquero due figli: Carlo e Roberto. E' a Cava che scrisse la maggior parte della sua opera di diritto italiano "La Scienza della Legislazione" che completò proprio a Cava de' Tirreni. I primi due volumi contenevano le norme sulle quali la legislazione deve procedere ed una discussione delle leggi in materia politica ed economica in particolare. Il terzo volume era dedicato interamente alla materia penale.Alcune osservazioni relative alla necessità di una riforma della Chiesa, attirarono le censure dei tribunali ecclesiastici ed il libro fu condannato dalla Congregazione dell'Indice al 1784. Successivamente fu pubblicato un quarto volume sui principi educativi. L'opera fu completata poi successivamente con altri tre volumi: il quinto volume, che tratta di storia delle religioni ed il vantaggio del Cristianesimo su altre religioni, i pericoli della superstizione e del fanatismo. Nel sesto volume si parla della proprietà e nel settimo della famiglia. Il Filangieri resto' a Cava fino al maggio 1787. Morì di tubercolosi a Vico Equense il 21 giugno 1788)
Di Filangieri  ne è testimone lo stesso W. Goethe che nel suo viaggio in Italia ne parla: "Il suo contegno,tra di militare, cavaliere e gentiluomo, era raddolcito da un tenero sentimento morale, che sparso sopra tutta la sua persona traluceva amabilmente dalle sue parole e dal suo aspetto".

            

 

Mamma Lucia - Lucia Apicella

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Ricordo la figura di questa esile donna, tutta vestita di nero, quando da bambino negli anni '60 la  nonna paterna mi portava con sé a pregare nella chiesa di S. Giacomo, in primavera. Nella sua chiesetta del Purgatorio, avvolta in un profumo di cera e di rose, Mamma Lucia mi accarezzava il capo, mi diceva "Bell 'e mamm" e mi donava qualche caramella e la medaglia miracolosa della Immacolata.
Ricordo ancora la sua espressione di donna serena e pia, verso la fine dei suoi anni, quando scendendo dal Liceo, alla Via Rosario Senatore, dietro i vetri di una finestra la vedevo recitare il Rosario.


La figura di Mamma Lucia - che la città di Cava non dimenticherà mai per la sua generosità e semplicità - mi si è riaffacciata alla mente, qualche tempo fa, leggendo una rivista.
L'articolo mi ha talmente colpito che lo riporto in questa pagina, ricordando che è stato scritto da Maria Giovanna Damiano ed è tratto dalla rivista INCONTRI n.68/2001 edita dalla Banca Popolare dell'Emilia Romagna:

"" In una notte come tante, le apparve in sogno una radura con otto croci abbattute e le comparvero, poi, dinanzi agli occhi, otto soldati tedeschi, che la scongiurarono in lingua italiana che le loro spoglie fossero restituite alle loro madri in Germania.

Il sogno rivelatore maturò in Mamma Lucia il progetto di raccogliere i resti dei caduti sparsi sui monti di Cava, ed abbandonati allo scempio delle intemperie e degli animali randagi, per poi ricomponi e conservarli nella speranza di poterli restituire alle rispettive famiglie. Chiese quindi al Comune la necessaria autorizzazione per la raccolta delle salme che, il 16 luglio 1946, le fu accordata dal sindaco il quale, colpito dalla determinazione da lei mostrata e dalla grandezza del suo progetto, le offrì anche l’assistenza di due becchini. Le toccò poi superare l’ostacolo dell’individuazione delle tante salme sparpagliate su un territorio vasto, e spesso impervio.

L’attuazione del progetto si presentava veramente ardua, ma Mamma Lucia non si arrese e prese a girare per i luoghi interessati dai combattimenti chiedendo notizie a tutti coloro che potessero fornirgliene. Il suo lavoro iniziò dalla collina di Monte Castello, sui cui pendii trovò tredici corpi ammucchiati in una grotta.

Nelle successive escursioni, sempre faticose ed irte di pericoli, rinvenne venticinque corpi in località Arcara, e poi diciotto in Santa Maria a Toro, ed altri cinquanta in un campo di patate nella vicina Montoro Inferiore, e poi ancora tanti sui Monte san Liberatore, a Santa Croce, alla Badia di Cava, a Monte Pertuso, Pineta La Serra, ai Monti del Demanio, tutte zone limitrofe a Cava de’ Tirreni che, complessivamente, in anni di duro lavoro, restituirono alle sue mani amorose circa settecento corpi. Negli ultimi tempi di questa sua caritatevole attività si spinse fino ai luoghi che più da vicino erano stati investiti dallo sbarco alleato di Salerno, recuperando salme persino in Montecorvino Rovella.

La forza interiore che l’ ha sostenuta in tutta questa sua opera appare ancora più grandiosa considerando che presto i becchini l’abbandonarono a causa delle eccessive fatiche, dei tanti pericoli (spesso i caduti venivano interrati con ancora indosso tutta la loro dotazione di bombe e munizioni) e, probabilmente, per le motivazioni, per loro incomprensibili, che spingevano Mamma Lucia a proseguire la sua missione di "mamma". Si affidò allora alla sola forza delle sue braccia ed a qualche occasionale volenteroso, che ricompensava di tasca sua. Ella raccoglieva i corpi in cimiteri improvvisati nei campi, poi li riesumava, ne puliva le ossa e le raccoglieva in cassettine di zinco, che faceva fabbricare a sue spese. Affidava i documenti e gli oggetti personali che le capitava di rinvenire al locale commissariato e pregava, pregava, pregava instancabile e fiduciosa nell’aiuto di Dio. La paura la scuoteva spesso, soprattutto quando, scavando a mani nude, si imbatteva in proiettili inesplosi e mine, ma ella si ripeteva: "ll Signore vede e provvede" e ascoltava una voce interna che la rinfrancava o la fermava quando era realmente in pericolo.

Ma chi le stava vicino, chi la guidava e l’assisteva? Forse un Angelo custode, forse le anime stesse di quei soldati, le cui spoglie Ella rinveniva e curava amorosamente. Mamma Lucia non stette, comunque, mai a porsi tutti questi interrogativi; sapeva soltanto che doveva ascoltare gli impulsi del suo cuore generoso, senza mai fermarsi. Nella piccola chiesa di San Giacomo Minore, nell’antico Borgo di Cava, sistemava le cassettine di zinco con ordine meticoloso e le accudiva, quasi come fossero reliquie sacre. In realtà Ella offriva a quelle ossa tutto l’amore che una madre può donare ad un figlio, e le sue mani affettuose erano le mani di tutte le mamme del mondo.

Agli inizi degli anni ‘50 Mamma Lucia compì anche un viaggio di speranza e di solidarietà materna, recandosi in Germania dove era stata invitata dalle autorità. Riportò a molte donne sfortunate i resti che era stato possibile identificare, gli oggetti ritrovati accanto al cadaveri, restando sgomenta dinanzi all’alta onorificenza della Croce al Merito Germanico, che le fu riservata. In fin dei conti, si chiedeva, cosa aveva fatto lei, umile popolana, per meritare tanti apprezzamenti? Aveva soltanto agito come una madre e si era avvalsa del coraggio che la fede le aveva inculcato. Il 2 giugno 1959 il Presidente della Repubblica, Gronchi, conferì a Mamma Lucia l’onorificenza della Commenda al Merito della Repubblica. La città di Salerno, poi, la proclamò cittadina onoraria ed il Comune di Cava de’ Tirreni le offri una pergamena, con la quale la cittadinanza cavese le attestava la sua immensa ammirazione.

 Mamma Lucia diede una decorosa sepoltura a quelli che avrebbe potuto considerare Ella stessa suoi nemici, caduti combattendo anche contro l’Italia, anzi forse uccisori essi stessi di giovani vite italiane. Ma Ella non faceva distinzione di nazionalità fra le ossa che raccoglieva; tutte andavano pulite e sistemate allo stesso modo tutte erano quanto restava di poveri figli di mamma, giovani vittime di uni guerra atroce ed insensata come, alla fin fine, sono tutte le guerre. Per lei erano tutti "belli ‘e mamma", tutti figli di mamma, tutti uguali nelle sue amorose mani. La fatica accumulata in quegli anni di dure ricerche e l’usura con cui il tempo, con il suo trascorrere, marchia inesorabilmente tutti gli uomini la costrinsero ad abbandonare la sua attività anche perché, ormai, non era più possibile individuare altre spoglie da recuperare. Si dedicò, quindi, ad accudire i resti mortali dei numerosi ignoti che restarono nella chiesetta di San Giacomo.

 

 


Mamma Lucia presso l'Altare della Patria                La raccolta dei resti dei prigionieri tedeschi nella campagne

ll 23 novembre del 1980 la furia del terremoto che scosse per circa novanta, interminabili secondi la Campania e le altre regioni del sud, seminando rovina e lutto, la strappò questa sua ultima missione; la Cappella di San Giacomo fu, infatti gravemente lesionata e dichiarata inagibile. Trascorse allora gli ultimi anni in preghiera, mostrandosi raramente in giro, ma apparendo qualche volta in televisioni private a render testimonianza della meravigliosa missione svolta. Il Signore decise poi di chiamarla a sé, perchè potesse finalmente godere il meritato riposo dalle sue fatiche, e conoscere tutti quei figli per quali si era tanto amorevolmente prodigata. I Cavesi furono sinceramente scossi dalla notizia, accolta quasi con incredulità perché a tutti sembrò irrealistico dover attraversare le strade della città senza sentirsi chiamare, salutandola, "bello ‘e mamma". Il Consiglio Comunale deliberò funerali solenni, facendo allestire la camera ardente nella sala di ricevimento del palazzo di città, dove per due giorni un’incessante processione di uomini e donne di tutte le età porse l’estremo saluto a Mamma Lucia, esposta in uni bara di vetro al piedi del gonfalone della città e dei labari di tutte le associazioni civili e religiose.""

Alla notizia della morte di Mamma Lucia un altro Presidente, Sandro Pertini, così scrisse al sindaco di Cava: "La scomparsa d Mamma Lucia colpisce dolorosamente quanti riconoscono nell’amore e nella solidarietà valori fondamentali per l’edificazione dell’uomo".

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