Cava Ieri

Le scoperte archeologiche del 1931 - La statua della Pudicizia

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Dall’ archivio del museo provinciale di Salerno si ricava che sostanzialmente due sono i periodi più importanti del 900 per la scoperta di reperti archeologici a Cava: nel 1931 - quando furono trovate tracce di necropoli romane  -  e il 1957, quando fu scoperto un complesso termale e anche altri settori di una villa romana che però sono stati poi successivamente interrati.

Nel 1931 furono effettuate in profondità delle fognature lungo la sede della SS.18 (detta Nazionale) dalla stazione verso l’Epitaffio. Agli inizi di marzo del 1931, con la scoperta di frammenti di tegole, fu fatta subito una segnalazione al direttore del Museo provinciale di Salerno e venne denunciato che, mentre si stava scavando, era stata ritrovata una statua femminile di un metro e 40 ,senza la base, sotto uno strato di lapillo e dei frammenti di olle (pentole di terracotta) grezze con tracce di cenere .Erano scavi di tipologia tardo romana e questo fu il giudizio che viene comunicato all’epoca sulla statua ritrovata::”ha corpo appiattito e figura assai irrigidita, coperta da un mantello trattato a larghe pieghe che avvolge il corpo; un lembo di esse è ripreso sul seno e sostenuto dal braccio destro è levato in alto, il braccio sinistro è piegato sul ventre e regge l’altro lembo del manto, mentre la mano pende lungo il fianco destro;  Il viso tratteggiato assai schematicamente, appare per giunta sfigurato da corrosione; si tratta di opera romana” . In seguito gli scavi furono continuati e furono scoperte sempre nella zona Epitaffio,  presso l'hotel de Londre, due tombe a cassa di laterizi e tre deposizioni d'infanti in grosse anfore grezze  di tipo tardo romano ; fu trovata anche una piccola ciotola di terracotta grezza in frammenti. Addirittura risulta che durante lo scavo delle fondazioni del palazzo Coppola che fu fatto nel 1911 sarebbe stati trovati corredi di tombe.

Sembra quindi delinearsi abbastanza chiaramente che c’era una necropoli romana nella zona dalla stazione ferroviaria e Corso Mazzini- Ma gli scavi per la costruzione delle fognature non furono mai sospesi.

La statua ritrovata comunque non apparteneva al periodo tardo romano, come fu all’epoca scritto, ma aveva origini ben più antiche di quelle ipotizzate, cioè risaliva all'età tardo repubblicano e addirittura inizi dell'età imperiale. Infatti lo strato piroclastico su di essa ritrovato deve sicuramente riferirsi alla grande eruzione del ’79 d.C. che coprì tutte le citta vesuviane.

La statua funeraria è stata posta nel complesso di San Benedetto a Salerno (l’attuale museo provinciale) nel 1964 nel Lapidarium  , dopo essere stata “abbandonata “ nei depositi. Inizialmente in quegli anni si pensava che la statua appartenesse all’Orto Agrario di Salerno, ma poi fu ritrovato un grafico realizzato nel giugno del 1932 che visualizzava l’opportunità di sistemare il reperto trovato a Cava su di un piedistallo di travertino, fatto venire appositamente da Paestum, per sistemare la statua nel cortile dell’allora Palazzo del Governo.

 

 

 
 Il disegno della statua del 1932 con la base di travertino  La statua Pudicitia nel Lapidarium del Museo Provinciale di Salerno

La tipologia della statua è riconducibile nella scultura tardo repubblicana ed augustea: è infatti del tipo della cosiddetta Pudicitia, usato per statue femminili iconiche e rilievi funerari tra l’inizio del I sec. A.C. e l’età augustea.

Degli altri reperti del 1931, quattro pesi fittili trapezoidali, un balsamario di terracotta e uno di vetro, numerose coppette di cui quattro a vernice nera, una lucerna di bronzo con l’asta di sospensione, una piccola testa maschile echeggiante il tardo ellenismo sono probabilmente conservati nei depositi del museo.

Cava nella Strada Regia delle Calabrie e la Via Popilia

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Cava rientra nel progetto di sviluppo turistico “La Strada Regia delle Calabrie” ,un antico asse viario del Meridione, con 44 comuni da Napoli a Castrovillari, per circa 240 chilometri. L'idea parte da una ricerca dell’architetto Luca Esposito, referente del programma di riqualificazione di ArcheoClub D’Italia.

Lungo la Strada si possono trovare stazioni postali ottocentesche, taverne ottocentesche, pozzi, palazzi, testimonianze dal ‘500 all’ ‘800, un ponte romano sulla via Capua Rhegium, mentre sul fiume Sele si trova invece il ponte del Verticillo, realizzato tra il 1624 e il 1625 e ricostruito nel 1757 sotto la direzione di Luigi Vanvitelli.   

Le taverne riscoperte, in particolare, rappresentano le “aree di servizio” del tempo.   Alcune hanno ospitato personaggi come Giuseppe Garibaldi, Carlo Pisacane e scrittori del Grand Tour come Wolfgang Goethe. Lungo la Strada è possibile ammirare alcuni resti dell’antica via Popilia, la consolare romana realizzata 2200 anni fa, castelli come quello di epoca normanna nel centro storico di Castrovillari e il battistero paleocristiano di Santa Maria Maggiore a Nocera Superiore.

In Italia ci sono due vie “Popilia”: la via Popilia settentrionale e la via Popilia meridionale. Quest’ultima è conosciuta come via Capua – Rhegium  ed è la più importante strada romana dell’Italia meridionale – con la via Appia – e fu costruita nel 132 a.C. In quell’anno infatti la Repubblica decise la costruzione di una strada che congiungesse stabilmente Roma con la Rhegium (reggio Calabria), estrema punta della penisola italica.  In base al ritrovamento della lapide di Polla, la via fu edificata per volontà del console Publio Popilio Lenate. La lapide di Polla  è appunto la principale prova del tracciato della strada.

 

Il tracciato della via sembra ricalcare in modo verosimilmente quello della moderna A3 Salerno-Reggio Calabria. Le principali città sul tracciato erano infatti Capua, Nola, Nocera, Cosenza, Vibo Valenzia e Reggio Calabria.

Ma uno dei punti di interesse più importanti della Strada Regia delle Calabrie è il passaggio attraverso Cava, uno dei momenti più suggestivi della Strada Regia delle Calabrie, poiché qui il paesaggio cambia completamente, passando dalle colline e monti della Calabria al mare Tirreno.  

Inoltre, la Strada Regia delle Calabrie rappresenta un importante percorso di pellegrinaggio per i fedeli che vogliono raggiungere il Santuario di San Francesco di Paola, che si trova nella città di Paola, un luogo di grande devozione per i cristiani, poiché qui è vissuto e morto San Francesco di Paola, il patrono della Calabria, che passò anche nella nostra città.

 

 

Le ville romane di Cava

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La villa in località S.Cesareo

Già nel '500 si ha notizia della scoperta in San Cesareo di fabbriche sotterranee, di acquedotti, vivai e fontiprobabilmente facenti parte di una villa romana, resti conservati nel Museo della Badia. Ed Agnello Polverino daqueste scoperte trasse il convincimento che anche tra Vietri e Cava vi fosse una colonia romana, distinta da Salernum e Nuceria, come descritto nel suo "Descrizione  storica della Città fedelissima della Cava" (Napoli 1716). Il Polverino ci ha lasciato una dettagliata descrizione dei ritrovamenti archeologici effettuati in Marina ed in Vietri "In occasione della realizzazione del Convento di Sant'Antonio a Marina (attuale Orfanotrofio femminile della Provincia) furono scoperte delle fabbriche sotterranee, tombe, pavimenti a mosaico, una grande statua acefala (che si pensava rappresentasse il dio Priapo o Giunione Argiva) che nel 1715 era conservata nel palazzo vescovile di Cava; una colonna di marmo collocata ancora oggi nella Piazza San Francesco di Cava ."

Interessante comunque è la scoperta della villa , ritrovata con due campagne di scavo,nel 1957 e negli anni 2000. Costruita su diversi terrazzamenti, si presenta come una struttura di grandi dimensioni con un complesso termale. Vi sono state infatti trovare suspensurae (- pilastrini a sezione quadrata o circolare, di mattoni o di pietra, alti circa mezzo metro, che sorreggevano il pavimento rialzato delle sale termali romane destinate ai bagni caldi, intorno ai quali circolava l’aria calda che veniva dai forni) e piscine nonché delle cisterne rivestite, datata grazie al materiale ceramico.

Henry Swinburne e l'Avvocatella (1777)

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Henry Swinburneg(Bristol, 1743-Trinidad, 1803)proveniva da una famiglia agiata e fuavviato alla carriera ecclesiastica. RicevutAuna ricca rendita dopo la morte del padre, si dedico' alla sua passione per una vita di studio e conoscenza attraverso i viaggi. Giro' il continente da giovane per trovare la giusta ispirazione per i suoi studi. Studiò a Parigi, Bordeaux e presso l'Accademia Reale di Torino, concentrò i suoi studi per l'arte e l'italiano; dopo il matrimonio in Gran Bretagna, continuò i suoi viaggi con la moglie nonostante il reddito modesto di cui disponeva.  Visse, dal dicembre 1776 al maggio 1778 nel Regno di Napoli, girandolo in lungo e largo.

Nell’autunno del 1777 Swinburne esplora anche la costa d’Amalfi.  Nel suo viaggio di ritorno da Paestum si ferma a Cava ed in particolare arriva all’Avvocata. Ecco il suo racconto di viaggio.

L’ Avvocata

      Da questa località [Dragonea], viaggiai fino alle foreste, sopra rocce appuntite e precipizi, giungendo al monastero di Camaldoli, dedicato a Santa Maria dell’Avvocata. L’aria era sfortunatamente così inviluppata nelle nebbie che si vedeva solo per momentanei intervalli, quando colpi di venti squarciavano il velo, sicché potevo indulgere solo con uno sguardo verso la costa e le montagne; invano il sole illuminava per me il paesaggio sottostante; potevo solo percepire quanto brillantemente la scena fosse schiarita dai suoi raggi. Il priore e il suo assistente mi ricevettero molto cortesemente offrendomi ospitalità. Accettai l’invito e mangiai con prontezza un frugale pasto di maccaroni e verdure. O per la fame che aveva fatto svanire tutte le delicatezze epicuree del palato o perché ciò che mi fu offerto era di una bontà fuori dal comune nel suo genere, trovai certamente un grande sollievo da questo pranzo casalingo.

     Dopo pranzo, mi recai nei boschi, dove i frati avevano aperto sentieri lungo la costa della montagna, esattamente nello stesso stile naturale che un montanaro avrebbe adottato una volta chiamato ad intervenire in una situazione analoga. La nebbia aveva ostruito per qualche tempo la vista ma verso sera essa si dileguò e mi strinse la gioia di un panorama estremamente sorprendente. Mi sembrava di guardare da un altro mondo attraverso un’apertura nella volta del cielo.

     Il convento occupa la punta del promontorio che si proietta dalla montagna e ha coste così ripide dagli altri tre lati, che io rabbrividì al primo sguardo verso il basso. Le montagne sorrentine sono in tutta la loro visibilità, mischiate in una rude e maestosa confusione; città e villaggi sembrano come punti in una mappa, e i confini del mare sono persi nel cielo.

    I monaci camaldolesi sono mandati qui a rotazione da altri conventi; essi conducono una dura vita, e per molti scopi di umano e nazionale beneficio, invero inutile; sono completamente soddisfatti dell’estremo vantaggio per sé stessi, in particolare di quanto essi in tal modo divengano ben accetti alla divinità e anche al popolo per l’efficacia delle loro preghiere, le quali fermarono un flagello prima che esso toccasse i colpevoli mortali. Le loro orazioni sono quasi incessanti, e l’applicazione allo studio non è permessa; davvero essi sono efficacemente impediti dal cadere in errore grazie a sette chiamate dalla chiesa ogni giorno, e al costume di pausa e di meditazione per ogni verso del loro ufficio. Essi, tuttavia, godono della libertà di andare fuori e di osservare sanamente con più grande possibilità dei Certosini. L’aria di questi posti è veramente pura, ma è crudelmente disturbata dai temporali specialmente d’inverno, nella quale stagione, una settimana non passa senza che qualcuna delle costruzioni non sia colpita da un fulmine. I monaci affrontano il pericolo con grande spregio, affidandosi coraggiosamente alla protezione della Madonna; essi infatti mi confidarono che un prete era stato colpito presso l’altare e un fratello laico ucciso. I venti erano così poderosi e taglienti che neppure i fiori o i frutti potevano essere piantati, perciò i giardini che appartenevano a ciascuna cella erano piantati solo con ortaggi; talvolta i colpi di vento investono i fratelli laici mentre attraversano il cortile con il pranzo per i monaci e vola via il cestino con le provviste. La neve vi si trova per metà dell’anno. Le rendite del monastero ammontano a 2.000 ducati l’anno e agenti nelle città della costa li approvvigionano quotidianamente di pesce e altri beni necessari. Alle donne è concesso di entrare nel convento solo in due giorni dell’anno; tutti i pellegrini maschi e i viaggiatori sono alloggiati e rifocillati per tre giorni e quando il mare è così mosso da non permettere l’arrivo ad Amalfi e in altri posti della costa, il convento offre un servizio importantissimo ai passeggeri, essendo situato sull’unica strada praticabile attraverso le montagne.