La religiosità
La sagrestia della chiesa di San Francesco e di Sant’Antonio
La sagrestia della chiesa di San Francesco e di Sant’Antonio è un vero gioiello di pittura, salvato dalle diverse distruzioni causate da terremoti e dal conflitto della guerra del 1943.
Essa è costituita da una volta a botte divise di quadri e lunette affrescate con storia e miracoli di Sant' Antonio e figure di santi e beati dell'ordine francescano.
Il ciclo di affreschi è opera di un ignoto pittore operante nella cerchia di Belisario Corenzio e Luigi Rodriguez ed è databile al 1610 circa. Gli affreschi furono realizzati nel contesto del nuovo slancio data al culto di Sant'Antonio dal vescovo Francescano di Cava fra Cesare Lippi da Mordano (1606-1622) con l'interessamento economico delle più importanti famiglie della città i cui stemmi compaiono infatti in diverse scene dipinte.
Negli affreschi troviamo il papa francescano Sisto V e il cavese fra Filippo De Sio. L’ intera decorazione si presenta con un ricco interessante percorso iconografico:i le scene centrali della volta e della parete frontale, con episodi della vita di Sant'Antonio, vanno letti secondo le virtù cardinali raffiguranti stucco a rilievo sulle due pareti frontali: la fortezza, la temperanza, la giustizia e la prudenza di cui lo stesso Sant'Antonio ne parla in un suo sermone:
- la fortezza è una virtu’ che modera le passioni ed è raffigurata da una donna in atto di spezzare una colonna;
- la giustizia ha in mano la bilancia, simbolo di equità;
- la temperanza è simboleggiata con una donna che stempera il vino con l’acqua.
- la prudenza è raffigurata con uno specchio con il quale si osserva il proprio volto, quale simbolo della conoscenza di se stessi
- La fortezza
- La temperanza
La Storia della Cattedrale di Cava
La costruzione della Cattedrale, espressione del successo economico e politico della comunità cavese nel XV secolo, sancisce il definitivo affrancamento dell'Università de la Cava dal giogo dell'Abbazia della S.S. Trinità. L’ affrancamento era iniziato con la costruzione, lungo l'antico asse viario di fondo valle, delle botteghe e dei palazzi del Borgo da parte degli intraprendenti mercanti cavesi.
Il 22 marzo 1514 Papa Leone X emanava la bolla "Sincerae devotionis" con la quale istituiva la nuova Diocesi di Cava, liberandola dalla sudditanza abbaziale. Quale sede della Diocesi fu temporaneamente scelta la "Chiesa di Santa Maria della Terra" presso il villaggio fortificato del Corpo di Cava. I Cavesi, non condividendo tale scelta, chiesero ed ottennero dal cardinale Ludovico d'Aragona che la Chiesa, futura sede della Dioces1, fosse costruita nei pressi del Borgo Scacciaventi: “"In primis la Università et Clero de dicta Cità suplicano alo prefato Signore Cardinale che per comodità di Sua Signoria Illma et de dicta Università et Clero si habia a fare la Ecclesia Catthedrale del dicto Episcopato, in capo alo Burgo deli Scazaventi prope palatium del dieta Episcopato, sub vocabulo Sanctae Mariae dela Gracia"” .
A tale richiesta il Cardinale rispondeva: "Placet fieri eorum expensis" - "E' opportuno sia realizzata a loro spese”.
Nel 1517 il vescovo, Mons. Pietro Sanfelice, diede inizio ai lavori affidandoli al maestro muratore Santillo della Monica "capomastro de le fabbriche de la Regia Corte" . La fabbrica, realizzata da Santillo palesò immediatamente i suoi limiti - vuoi per le carenze strutturali dovute al materiale ed alla scarsa coerenza del terreno di fondazione di natura alluvionale, vuoi perché ritenuta inadeguata dalla comunità cavese - e fu abbandonata e chiusa nel 1552.
Nel 1561 si diede avvio alla edificazione della nuova Cattedrale. L' "Università de la Cava " commissionò un nuovo progetto e fu realizzato un modello ligneo.
La costruzione fu affidata all'architetto cavese Pignaloso Cafaro che, con la collaborazione del padre Giovan Giacomo e la supervisione di vari "periti et experti et mastri fabbricatori ", tra cui Vincenzo Della Monica, si impegnò a realizzare la fabbrica ''justa modellum ordinem et formam dati dieta mastro”; in pratica il Cafaro assunse l'incarico come direttore dei lavori. A Pignaloso Cafaro nel 1573 fu affidata la progettazione e la realizzazione della Sagrestia nuova. La fabbrica della Cattedrale passò attraverso varie mani fino al 1591, anno in cui si può con buona sicurezza individuare la fine dei lavori.
L'edificio presentava una pianta di tipo basilicale a croce latina a tre navate, con un transetto sui cui due lati si aprivano tre cappelle, un abside di forma quadrata affiancato da due cappelle di dimensioni inferiori, anch'esse a pianta quadrata.
Fin dall'inizio del '600 l'edificio mostrò preoccupanti carenze statiche; il materiale utilizzato per le strutture si rivelò inadatto ai carichi cui era sottoposto, per cui tra il 1638 ed il 1642 il vescovo Lanfranchi fece sostituire il tenero tufo grigio di Piano dei pilastri delle navate con la pietra calcarea di Paterno. Gli eventi sismici condizioneranno con regolare frequenza la vita della cattedrale che sarà interessata da numerosi interventi di restauro e di trasformazioni formali.
Nei primi anni del ‘700 anche l'interno mutò aspetto ed i piastri in pietra furono ricoperti di stucco. La configurazione planimetrica attuale del tempio è figlia proprio delle trasformazioni settecentesche. Tra il 1794 ed 1796 fu avviato un completo rifacimento stilistico e formale degli spazi interni, furono realizzate le decorazioni a stucco delle pareti che terminarono nel 1801, improntate al sobrio classicismo che all'epoca imperava nella Napoli borbonica Nel XIX secolo un nuovo evento sismico rese necessario il rifacimento della facciata, per cm nel 1822 fu incaricato dell'opera l'ingegnere Giuseppe Lista. Nel 1857 a seguito di un altro terremoto Mons. Luigi del Forno, su disegno del notaio e perito Giuseppe Catone diresse i lavori di rifacimento della facciata.
Anche durante l'800, come nei secoli precedenti, la Chiesa fu arricchita con opere d’arte, pittoriche, lignee e marmoree, come la policroma pavimentazione in marmo completata nella seconda metà del secolo Il XX secolo rappresenta un periodo buio per la cattedrale. La seconda guerra mondiale non risparmiò la chiesa, che danneggiata dai bombardamenti, fu oggetto di un intervento di restauro che durò dal 1959 al 1966. In questa occasione si diede inizio ad una sistematica spoliazione della Chiesa; furono vendute numerose opere d'arte e pregevoli manufatti che facevano parte del patrimonio della Chiesa, come ad esempio l’intelaiatura lignea della navata centrale con dipinti del pittore barocco De Simone, del Mozzillo (nel Duomo sono presenti affreschi sugli scorci della volta e nell'oratorio del SS.Rosario acon scene agiografiche nella parete sottostante la porta di comunicazione con la Cattedrale), del Paliotti (artista fine '800 e primi del '900), vari altari in marmo che datavano fin dal 1751 e numerosi arredi lignei. .
Alla fine dei lavori nel 1966 al centro del transetto, in ossequio alle nuove disposizioni liturgiche, veniva eretto un altare in marmo rivolto al pubblico, sovrastato da un anonimo moderno baldacchino con quattro colonne in marmo, completamente slegato dall'impianto architettonico e formale della chiesa. Il sisma del 23 novembre 1980 causò nuovi e gravi danni alla cattedrale, che rimase chiusa per circa 19 anni, durante i quali furono sottratte altre opere d'arte.
I lavori di restauro diretti, tra gli altri, dall'architetto cavese Mariano Granata, furono completati nel 1999 e la Cattedrale fu riaperta al culto da Mons . Beniamino De Palma il 4 dicembre 1999.
(da pannello Lion Club Cava de’ Tirreni – Vietri sul Mare apposto davanti la Cattedrale)
La leggenda del ritrovamento del quadro della Madonna dell'Olmo
“In una oscura notte, mentre alcuni pastori del casale di Mitigliano ed altri di S. Adiutore custodivano in campagna il loro gregge, videro da ambedue quelli eminenti luoghi nella bassa valle un insolito splendore come di molte luminose facelle. A quella vista sorpresi e meravigliati, non sapevano a che attribuire ciò che osservavano; e nel giorno seguente, comunicatasi la goduta visione, stimarono giudizio di ognuno essere quel fenomeno cosa miracolosa ed attesero impazienti la futura notte per osservarlo di nuovo, come esattamente avvenne per quella e per molte altre volte nel modo stesso. Stimarono intanto di tutto l’accaduto fare esatta e minuta relazione al Reverendissimo Abate del Venerabile Monastero della SS. Trinità. L’Abate Pietro incaricò varie persone onde colla guida di pastori fossero testimoni di quanto quelli asserivano. Si accinsero all’opera, ed ecco agli occhi di costoro anche apparire all’ora solita quei lumi stessi che solevano vedersi dai pastori. Ritornati al santo Abate, confermarono l’accaduto e questi risolvette di recarsi a scoprire il tutto con solennità. Infatti, giunto il tempo della sospirata comparsa, si condusse personalmente con tutti i suoi esemplari religiosi in solenne processione nel mentovato luogo; nel quale, restando permanente la luce e non più fuggitiva, videro la Santa Immagine di Maria nel mezzo dei rami di un olmo circondata d’ogni intorno di lucentissime facelle.
È questa miracolosa immagine, di colore bruno, di volto grave, con un neo sul viso, nella parte destra e propriamente sotto la gola, col manto azzurro, con una stella dorata a man destra, coi suoi finimenti anche dorati, col suo Bambino Gesù in atto di stringerselo al seno unita guancia a guancia. Tutti genuflessi venerarono in quella nuova figura la gran Signora del Paradiso col cuor divoto ed animo riconoscente”. A quella vista sorpresi e meravigliati, non sapevano a che attribuire ciò che osservavano; e nel giorno seguente, comunicatasi la goduta visione, stimarono giudizio di ognuno essere quel fenomeno cosa miracolosa ed attesero impazienti la futura notte per osservarlo di nuovo, come esattamente avvenne per quella e per molte altre volte nel modo stesso.
Stimarono intanto di tutto l’accaduto fare esatta e minuta relazione al Reverendissimo Abate del Venerabile Monastero della SS. Trinità. L’Abate Pietro incaricò varie persone onde colla guida di pastori fossero testimoni di quanto quelli asserivano. Si accinsero all’opera, ed ecco agli occhi di costoro anche apparire all’ora solita quei lumi stessi che solevano vedersi dai pastori. Ritornati al santo Abate, confermarono l’accaduto e questi risolvette di recarsi a scoprire il tutto con solennità. Infatti, giunto il tempo della sospirata comparsa, si condusse personalmente con tutti i suoi esemplari religiosi in solenne processione nel mentovato luogo; nel quale, restando permanente la luce e non più fuggitiva, videro la Santa Immagine di Maria nel mezzo dei rami di un olmo circondata d’ogni intorno di lucentissime facelle.
È questa miracolosa immagine, di colore bruno, di volto grave, con un neo sul viso, nella parte destra e propriamente sotto la gola, col manto azzurro, con una stella dorata a man destra, coi suoi finimenti anche dorati, col suo Bambino Gesù in atto di stringerselo al seno unita guancia a guancia. Tutti genuflessi venerarono in quella nuova figura la gran Signora del Paradiso col cuor divoto ed animo riconoscente”.
La Cappella di S.Biagio
Possediamo pochissime informazioni storiche riguardanti la cappella di San Biagio, ma si sa che fu costruita insieme al palazzo di cui fa parte, prima del 1610, anno a cui risale la prima notizia (istituzione di una cappellania). Dal portale rinascimentale si può arguire che sia stata costruita nel secolo XVI o precedentemente.
La cappella di San Biagio (conosciuta anche col titolo di Santa Maria degli Angeli) è inserita in un antico palazzo del Centro Storico . Di tale palazzo, essa occupa lo spazio angolare sud, prospettante su via della Repubblica (prossima al Borgo Scacciaventi), e corrispondente a due piani dell'immobile.
La facciata della chiesetta è di gusto rinascimentale ed è parte integrante del prospetto del palazzo, da cui si differenzia, tuttavia, per i caratteri architettonici e decorativi propri. L'interno, di esigue dimensioni e gusto barocco, è costituito da una sola aula a pianta quadrata coperta da cupola ribassata su pennacchi, e piccolo presbiterio con l'altare, unito all'aula mediante l'arco trionfale. Le pareti interne sono articolate da arcate simmetriche riccamente decorate.
La parete di fondo ospita una grande edicola, con fine ornamento in stucco, al cui centro è collocata la tela d'altare.
Fonte: sito della Diocesi di Cava Amalfi
Storia della cappella a Sant'Arcangelo e della Fontana de li Papi
La cappella della Madonna del Carmine “del Ponte” di Sant'Arcangelo, porta una iscrizione sul portale e anche altra all'interno molto deteriorata che ne pone la nascita nel 1735.La seconda iscrizione , molto deteriorata, si leggeva tempo fa : “D.O.M./ B.VIRGINI DE CARMELO HANC ECCLESIA/ …IN PRINCIPIA AEDICULA/ ..EX LOCO LE CURTE/ RELLIGIOSA PIETATIS/A.D. 1735".
Tre furono i parroci del tempo che fecero erigere la cappella, che incorporava l’icona su cui era affrescata l'immagine della Madonna del Carmine, tutt'ora visibile sull'altare alla sinistra all’entrata, anziché sull'altare Maggiore ,con stucchi.
L’anno dopo, Marco Benincasa, gentiluomo di Sant’ Arcangelo, dipinse la tela raffigurante l' Immacolata con San Gennaro e San Bernardino da Siena che donò alla chiesa con l’iscrizione “Marcus Benincasa senarum origine. Patria vero oppidi Cytharensis Caven Manu proprio PIN et sui devotione Ecclesia donavit, anno 1736”
Nel 1743 il pittore Crescenzo Adinolfi , di cui si conserva anche una Sacra Famiglia nella chiesa dell’Avvocatella, eseguì la grande tela dell'altare maggiore raffigurante l'assunzione della Vergine ed affreschi laterali con la natività e adorazione dei magi.
Di fronte alla cappella, vi è la fontana detta “de li Papi” , presente in molti quadri dei vedutisti del ‘700 che potrebbe riportarsi all'epoca della costruzione della Cappella stessa, cioè nel 1735. Tale nome affonda le sue origini in vere e proprie fantasie popolari, tra cui la leggenda che papa Urbano II si fosse fermato nel luogo per rinfrescarsi mentre si recava alla Badia Benedettina nel 1092.
Se confrontiamo la pietra usata per la fonte, vediamo che essa è simile a quella del portale della chiesa ed è simile anche a quella delle Clarisse di Pregiato del 1687, della chiesa di San Pietro a Siepi del 1710 e della chiesa di San Nicola di Pregiato che furono eseguiti da operai che lavoravano in varie botteghe di Cava .
In effetti la fontana viene detta di Papa o delli Papi , ma non vi è nessuna testimonianza che sia dedicata ad un papa, mentre risulta che l’unico personaggio attribuibile fosse un cavese benestante, di cognome Papa.Altri invece asseriscono chela sua denominazione deriva da el fatto che nel 1879 Mose' Papa, originariodi Fisciano e proprietario delle terre di S.Arcangelo,per rendere piu' confortevole la vita agli abitanti fi Licurti chiese al comune di "aprire la vecchia fontana al ponte in sostituzione del fontanino chiuso la di cui spesa occorrevole non è molto vistosa poichè esiste la pubblica vasca e cammini di antichi fiumi".
La fontana barocca della frazione di San Arcangelo è stata più volte il soggetto di vere e proprie opere d’arte. Pitloo, Palizzi, Gigante, Duclère, Rebell, Götzloff e altri . Tale nome affonda le sue origini in vere e proprie fantasie popolari e in un particolare errore di identificazione del luogo di costruzione.
La costruzione della fontana avvenne certamente dopo il 10 giugno 1738 quando il nobiluomo Paolo Tagliaferri, per atto del notaio Lorenzo Tagliaferri, concesse ai parroci della chiesa due parti di bosco, la Pilla e il Ponte, al fine di "fare un corso per portare l’acqua avanti di detta cappella, e con fare detto corso apporterebbe assai utile a detta cappella e maggiore devotione e concorso di gente. Grazie a questo corso, aggiunse il donatario, i fedeli più facilmente vengono a visitare detta gloriosa Vergine di S. Maria di Monte Carmelo, et acciò si faccia detto corso e fonte avanti detta cappella".