La ragazza del cellulare

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In questi giorni si disserta sui social e sulla stampa del quadro del 1860 “L’attesa" del pittore e scrittore austriaco Ferdinand Georg Waldmüller, noto anche con il titolo "Domenica mattina”: in una giornata estiva, un ragazzo con le rose aspetta il suo amore all'ombra della foresta. Venendo da biondeggianti campi ondulati, la ragazza si avvicina al bordo appartato della foresta. Entrambi indossano i vestiti della domenica. Mentre il ragazzo la guarda speranzoso, la ragazza contempla qualcosa che sembra un cellulare. Il dipinto è strettamente correlato ad un altro quadro del pittore,  "L'incontro", in cui la storia continua e la  coppia appare in un tenero abbraccio all’inizio del bosco.

In realtà, il quadro di Waldmüller non mostra una ragazza dell’800 che legge un cellulare, ma si tratta solo di una reinterpretazione contemporanea del famoso dipinto.

Personalmente, trovo che la reinterpretazione sia interessante e provocatoria, in quanto mette in evidenza la rapida evoluzione della tecnologia e la sua crescente influenza sulla nostra vita quotidiana. Inoltre, il fatto che il soggetto del dipinto sia una giovane donna che guarda lo schermo del telefono, potrebbe essere visto come una critica sul modo in cui la tecnologia sta cambiando i ruoli di genere e la percezione della bellezza femminile.

In generale, questo dipinto ci dà la possibilità di riflettere sull'impatto della tecnologia sulla nostra cultura e sulla nostra società, ma anche sulla necessità di trovare un equilibrio tra l'uso della tecnologia e il mantenimento di un senso di connessione umana e di apprezzamento per le cose che ci circondano.

Tra lettura della ragazza su uno smartphone o di un libercolo, forse in questo caso una scrittura sacra (considerato che è una domenica e che si intravede nel quadro il filo di un rosario), c’è un'altra valutazione da fare. Abbiamo due esperienze diverse tra loro.

La lettura di un libro cartaceo può essere più piacevole e coinvolgente, con  una consistenza fisica che lo rende più tangibile. Inoltre apprezziamo anche l'odore della carta e l'atto stesso di sfogliare le pagine.

Pensiamo ora alla lettura di un testo su smartphone: essa può risultare più comoda e accessibile. Pensiamo a cio’ che ci consente fare oggi la tecnica: è possibile avere molti libri a disposizione sul proprio cellulare senza occupare spazio fisico, e si possono facilmente cercare e annotare i passaggi interessanti.

Io stesso ho molti libri scaricati dalla rete sul mio, ma devo ammettere che alla fine compro il libro cartaceo: la lettura sullo schermo mi annoia, mi affatica maggiormente gli occhi e mi genera stanchezza più velocemente rispetto alla lettura su carta. Per non parlare delle notifiche provenienti da qualche applicazione!

Meglio sedersi in un bel parco o sdraiati sulla poltrona di casa ed entrare, attraverso la lettura, in un'esperienza unica e incredibilmente gratificante. Si ha la possibilità di viaggiare in luoghi lontani e immaginari, di incontrare personaggi straordinari e di vivere avventure che altrimenti sarebbero impossibili. La lettura può trasportarci in un'altra epoca, in un'altra cultura e in un'altra vita.

Ci allontaniamo dalla frenesia della vita quotidiana e prendiamo del tempo per noi stessi, per riflettere e per rilassarci. Leggere ci aiuta a sviluppare la nostra immaginazione, la creatività e l'intelligenza emotiva, e ci insegna a comprendere meglio il mondo che ci circonda.

Ma forse la cosa più bella della lettura è la sensazione che si prova quando si termina un libro. Quel senso di soddisfazione e di realizzazione è unico e indimenticabile e fa parte delle piccole gioie della vita!

La potenza del sorriso gitano

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Sicuramente avrete notato, soprattutto in queste mattine primaverili, la presenza di una famiglia di gitani che quasi tutti i giorni si esibiscono con la loro fisarmonica sotto i portici della città.

Sono una giovane famiglia,con un piccolo bambino e il bel carattere e soprattutto il loro sorriso costante sono diventati una presenza familiare per molti residenti e visitatori.

La loro musica è coinvolgente, e spesso si possono ascoltare brani appartenenti al repertorio classico napoletano e mondiale. Dal valzer di Strauss alla tarantella napoletana, il loro repertorio è ampio e variegato e la loro naturalezza nell'esecuzione ci fa pensare che suonino da anni e anni, nonostante la giovane età.

Oltre alle loro abilità musicali, quello che rende davvero speciale questa gitani  è lo spirito che portano con loro: sia durante le loro performance che nelle loro interazioni quotidiane, emanano una gentilezza e un rispetto per tutti. A volte la loro musica è accompagnata da un ballo e si creano dei veri e propri spettacoli a cui si uniscono i passanti, soprattutto i bambini.

E' un momento di allegria e spensieratezza, che non puo' far altro che mettere buon umore. Non si tratta solo di divertimento: l'energia che queste persone trasmettono è contagiosa e ha il potere di sollevare l'animo: è raro non ritrovarsi a sorridere e a salutarli quando si incontrano nel Borgo. 

Sono dei tesori cittadini e forse siamo fortunati ad avere queste persone nella nostra comunità. Quelle poche note musicali  hanno dato anche stamane un po' di allegria al nostro tran tran quotidiano.

Cava e gli armeni

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Cava de’ Tirreni come tante altre località nel nostro Paese mantiene delle tracce della presenza armena e ancora oggi abbiamo famiglie di origine armena residenti.

La presenza, almeno in Italia, del popolo armeno è una presenza prettamente di origine medievale: si creavano delle comunità, soprattutto nelle località di mare, vicino ai porti, dove i commercianti armeni venivano a trattare i loro affari.

Si erigevano, poi chiese, perché la Chiesa e la fede cristiana degli armeni è sempre stato un motivo aggregante, così come l'alfabeto. Di queste presenze c'è traccia in tante località italiane. Ci sono molte chiese dedicate agli armeni: San Bartolomeo degli Armeni a Genova, ce ne sono a Roma, a Venezia con l'isola di San Lazzaro.

Armeni commercianti, ma anche monaci, eremiti, ed è interessante sapere che alla fine del '600 furono anche a Cava de’ Tirreni nella chiesa di Sant'Elena in località Croce.

La presenza armena è testimoniata dalla targa alla lapide che si trova scritta sia in italiano che in armeno.

QUI GIACE SEPOLTO FRA GIOVANNI DI GIOVANNI DI DJULFA, EREMITA DALLA PERSIA PER INGIUSTA CAUSA, RESTAURATORE DELLA CHIESA E CELLA DELLA MONTAGNA DELLA CAVA DI SANTA CROCE. MESE DI NOVEMBRE 1148 (*1699)

La datazione del novembre 1148 è dovuta alla diversità del calendario armeno. Per avere la giusta data va aggiunto 551 (capodanno armeno) e arriveremo all’anno 1699.

Sulla targa, si parla della località di Djulfa, da cui veniva l'eremita Giovanni. Djulfa si trovava in Persia, in una località che adesso si trova al confine tra Iran e la Repubblica autonoma Armena, che fa parte dell'Azerbaigian e che purtroppo per gli Armeni è tristemente nota. In questa località quasi desertica, montagne rocciose non lontano da Djulfa, c'era una distesa di khachkar, letteralmente croce di pietra, cippi funerari decorati in modo unico. Sono delle stele di pietra tipiche armene, anche patrimonio mondiale dell'UNESCO. I khachkar erano alcune migliaia, di origine medievale, che erano state risparmiate da tutte le dominazioni che c'erano state, proprio perché erano un esempio di importanza artistica. Purtroppo all'inizio nel 2005 l’esercito azero ha distrutto completamente con le ruspe tutta la zona e il cimitero cristiano medievale, contenente centinaia di lapidi finemente scolpite del valore artistico e culturale inestimabili.

INteressantenè anche il materiale presente presso la Biblioteca comunale di Cava dove ci sono alcune rare edizioni armene (databili tra il XVII e il XVIII secolo).
La Biblioteca Comunale acquistò nel 1872 tali edizioni armene provenienti dalla comunità di monaci che si era stabilita nella località Croce di Cava già alla fine del XVII secolo. Si pensa che questi si stabilirono lì in quanto le colonie di mercanti armeni che partivano da Napoli per recarsi a Salerno dovettero attraversare l’antica Via Maggiore in quel punto.
Tali preziose edizioni, insieme ai documenti dell'Archivio Storico Comunale che ne attestano l'acquisto da parte del Sindaco Giuseppe Trara Genoino, nel
maggio 1872, sono presenti nella struttura di Viale Marconi, oltre a documenti del catasto onciario del 1754 che citano l'"Eremo sotto il titolo di S. Croce" e ad altri di collezioni private.

Un nuovo gemellaggio a Cava: Veria, la città greca

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A seguito all’aggressione militare nazi-fascista del 1941, il governo greco fu costretto all’esilio in Egitto. Nell’autunno del 1944 trascorse gli ultimi giorni nella valle metelliana dopo che l’Italia era stata liberata dagli Alleati, sotto la protezione militare inglese. Nacque così un legame di amicizia che è stato mantenuto vivo fino a oggi, motivo per il quale l’amministrazione comunale di Cava de' Tirreni ha scelto di celebrare un legame culminato in un gemellaggio con la città greca di Veria.

Martedi 18 aprile e mercoledi 19 aprile 2023 saranno giornate speciali per entrambe le città, poiché segnano l'inizio di una nuova relazione che sfocerà a breve in un gemellaggio ufficiale.

Sebbene Veria e Cava de Tirreni possano sembrare diverse, hanno molto in comune. Entrambe le città sono caratterizzate dalla bellezza naturale e soprattutto da una ricca storia culturale e attraverso un scambio costante di conoscenze, idee e valori il nuovo gemellaggio dara' l'opportunità di costruire ponti per l'amicizia e la comprensione che dureranno a lungo.

Un ringraziamento agli  amici di Veria per aver aderito a questo progetto.

Ecco il calendario della manifestazione:

Martedì 18 aprile, alle ore 19,00 nell’aula consiliare di palazzo di città si aprirà la due giorni di commemorazione, con un concerto di musica italiana e greca, nel quale si alterneranno i complessi delle due città, la Corale polifonica metelliana e il Coro dell’associazione culturale di Verghina – Aigai. Il giorno 19 aprile in piazza Abbro, dinanzi a Palazzo di Città, il sindaco Vincenzo Servalli incontrerà alle ore 17,30 il collega sindaco di Veria Konstantinos Vorgiazidis per ricordare i filelleni italiani e i soldati greci e ciprioti caduti in guerra.

Non mancherà la presenza di altre personalità istituzionali e culturali che hanno contribuito a promuovere l’iniziativa. Parteciperanno Paul Kyprianou console di Cipro a Napoli, Kostas Michos presidente della Comunità Ellenica di Napoli e Campania, Evdoxia Manolopoulou, presidente dell’associazione culturale di Verghina – Aigai, Marco Galdi presidente della Società Filellenica Italiana e Nicola Pisapia presidente del Comitato per la promozione dei Gemellaggi di Cava de’ Tirreni.

Sapevate che...

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Particolarmente curiosa è la lapide collocata lungo le rampe che collegano il sagrato della Badia al Corpo di Cava, che tramanda ai posteri un fatto avvenuto circa 500 anni fa: l'istituzione della diocesi autonoma di Cava, con il territorio di Cava e Vietri sotratto alla giurisdizione della Badia. Eccone la traduzione: Questa lapide indica e determina la minima parte del territorio una volta grande assegnato dalla benevolenza del Pontefice all'antichissimo Cenobio di Cava. Viandante, non meravigliarti dell'una e dell'altra diminuzione. Perire è legge per tutti i mortali, non pena. Tu misura dall'unghia il leone. Va' sano.

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