Una social-amicizia

Etichettato sotto amicizia, whatsapp

Recentemente mi è stato chiesto di scrivere una riflessione sui miei compagni di scuola di Liceo e, passeggiando qualche giorno fa per la strada alberata di Corpo di Cava, ho notato su un muro semi sgretolato un grosso rettangolo bianco con alcune scritte sbiadite che i raggi del sole hanno indissolubilmente cancellato: era una impronta dei tempi andati, del periodo del fascismo, dove vi erano state scritte di sicuro frasi inneggianti alla salvezza della patria o alla vittoria in guerra. Si intravedevano ancora alcune parole, ma il messaggio ormai non era più comprensibile.

Che collegamento c’è tra le due cose? Nel guardare quella vecchia “pubblicità” sul muro, non so per quale oscuro motivo, sono stato portato improvvisamente a pensare all’amicizia ed in particolare il pensiero è andato subito proprio ai miei compagni della III A del Liceo. I ricordi si sono riattivati immediatamente, pensando alla nostra giovinezza e a tutto quello che essa ci ha regalato e, nonostante siano passati tantissimi anni dalla “notte prima degli esami”, la nostra amicizia è ancora viva e per nulla sbiadita, come invece lo sono quei rettangoli bianchi sulle mura del villaggio cavese.

Cosa tiene uniti ancora molti di noi è un mistero: abbiamo una famiglia che ci tiene molto occupati, abbiamo avuto disavventure, lutti, alcuni sono diventati nonni, abbiamo superato molti ostacoli per il lavoro e la salute nella nostra vita: ma tutti noi non riusciamo a distaccarci da quelli che, forse, sono stati i nostri primi reali amici, i compagni di Liceo.

Non sto qui a raccontare quegli anni, gli anni Settanta: lo ricordiamo spesso in quei pochi incontri che abbiamo avuto “in presenza” negli ultimi decenni, parlando dei docenti, delle gite, dei capi di abbigliamento che indossavamo, delle follie nell’ora di ricreazione, delle stranezze di alcuni di noi,  delle odiose versioni di greco e di latino, delle prime discoteche frequentate, degli incontri al Club Universitario, degli intrecci amorosi e persino del professore che, forse, la materia da insegnare la conosceva ben poco e che metteva un “2” perché magari gli stavi antipatico.

Ma una cosa ci ha unito negli ultimi tempi (e può sembrare astruso per la nostra generazione post sessantottina): le nuove tecnologie, l’uso dei cellulari. Si, proprio i telefonini. Qualcuno ha avuto l’idea di creare una chat dedicata a noi studenti della III A del  "Marco Galdi" su una social-app, che ormai tutti usano e che per noi,ormai attempati ex liceali, è attiva già da qualche anno.

Magari soltanto con un "buongiorno" di pochi, ma il “buongiorno” c'è sempre. E' un buongiorno che a volte ci fa compagnia, che ci fa sentire per qualcuno di noi forse meno soli, ma soprattutto che ci tiene vivi nell'amicizia. Non mancano le polemiche e le punzecchiature, le battute sagaci di qualcuno o il vago accenno a problemi personali, mai indicati chiaramente. Ma l’importante è che ci siamo, ci siamo quasi tutti: magari leggiamo soltanto quello che si scrive, magari non lo leggiamo tutti i giorni, perché presi da tanti impegni e da una vita spesso vorticosa.

Lutti, feste, compleanni (ormai le candeline sono più di sessanta!), battesimi, matrimoni dei figli, qualche foto di gruppo familiare. Ma tutto ciò che leggiamo o scriviamo su di noi quasi ogni giorno (con qualche pausa temporale) è splendido e confortante, anche se è una semplice considerazione, una colorata gif o gli auguri per il Santo Natale. Perché ci fa comprendere che un filo ci unisce ancora. C'è ancora la volontà di far conoscere a quell’ amico, al tuo vecchio compagno di scuola, un minimo della tua vita, con discrezione e senza insistenza, con la consapevolezza che lui ti capirà e ti potrà stare, anche se solo virtualmente, sempre vicino.

Dal libro “Porticando Liceo. Più di 100 storie scritte a più di 100 mani” ed.AreaBlu,2023

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