Il detto è rivolto ai cavoti o cavajuoli (cavesi del tempo) per far valere l' esonero dal pagamento di gabelle, ricevuto con l'epistola del 22 Settembre 1460, dal Re Ferdinando I d'Aragona, confermato, poi, anche dai suoi successori.
Prima però parliamo di questo privilegio. Il privilegio medievale a cui fai riferimento è lo ius torquendi, un diritto feudale che consentiva al signore di un feudo di esigere una tassa (o una prestazione) dai propri vassalli in cambio della protezione e dei benefici derivanti dal feudo stesso. Questo diritto poteva essere esercitato in diversi modi, spesso legati a eventi specifici come matrimoni, successioni o l'uso di infrastrutture del feudo (mulini, forni, ecc.). La "cannula appesa al collo" potrebbe essere un riferimento a una sorta di marchio o sigillo che il vassallo era tenuto a portare come segno del suo legame con il signore feudale e del suo obbligo di pagare la tassa. Tuttavia, è importante notare che lo ius torquendi non era un diritto universalmente riconosciuto e la sua applicazione variava molto a seconda del luogo e del periodo storico. Inoltre, nel corso del tempo, questo diritto andò progressivamente a scomparire con l'affermarsi di nuove forme di tassazione e con la diminuzione del potere feudale.
I cavoti o cavajuoli, per far valere il privilegio, estraevano una pergamena dall'astuccio che tenevano al collo (cannula o cannuolo): l'esenzione dal pagare i tributi era valida sia nell'acquistare che nel vendere e valeva in tutto il Regno aragonese ( dalla Rocca di San Benedetto del Tronto (versante Adriatico) a Terracina (versante Tirrenico), fino a Lampedusa. Alla richiesta del gabelliere del pagamento, i cavoti o cavajuoli, rispondevano: "so' ccavajuole" (sono cavese) e il gabelliere ( oppure il notaio), a sua volta, per verificare quanto dichiarato dai cavesi, per concedere l'esenzione, rispondeva : vota cannuolo! (mostratemi l'atto di privilegio!). Il cavoto o cavajuole estraeva dall'astuccio il lasciapassare e, dopo averlo mostrato all'esattore delle gabelle, proseguiva il suo viaggio, senza pagare nulla. Coloro che confinavano con la Città di Cava per invidia, per denigrare le franchigie ottenute da Re Ferrante, sostenevano che l'aneddoto in argomento avrebbe due interpretazioni. La prima è che il cavajuolo, oggi cavese, sia stato ed è un volta-gabbana, un voltafaccia, poiché trovandosi di fronte ad un guadagno personale, cambia facilmente opinione. La seconda (dalle Farse Cavajole) è che alcuni secoli fa i cavojuoli furono chiamati dal Sindaco perché, assieme, punissero un asino colpevole d'aver mangiato l'erba della villa comunale. La punizione consisteva nell' applicare una cannula nell'ano del somaro per soffiare aria fin quando gli si gonfiasse l'intestino: la pancia gonfia ed il dolore avrebbero insegnato all'animale a non strappare più l'erba dai prati. Ma quando venne il turno del primo cittadino, a costui sembro' che non si addicesse a persona del suo rango mettere la bocca dove era stata messa da tutti i suoi concittadini, perciò, estratta la cannula dall' ano del somaro, la riconficcò dal verso opposto, soffiando a pieni polmoni! :)