Il vaso misterioso del Carraturo

3 Mar,2025 | L'Archeologia

Nel 1784, durante uno scavo presso il Casale di Priapo (Pregiato), venne alla luce un reperto archeologico di notevole interesse: un vaso di terracotta dalla forma particolare, con il fondo conico e appuntito che ne impediva la stabilità autonoma.

Il canonico Andrea Carraturo, nelle cui mani giunse successivamente il reperto, ne ha lasciato una dettagliata descrizione che ci permette oggi di apprezzarne il valore storico e culturale.

Si tratta di un vaso realizzato in argilla semplice, privo di decorazioni o patine. La sua caratteristica più distintiva è proprio quel fondo conico che non consente al vaso di stare in piedi senza un supporto. Purtroppo, questa parte del vaso ha subito danni nel corso del tempo: già danneggiata quando giunse al Carraturo, si è ulteriormente frantumata, lasciando integra solo la punta conica.

La scoperta più sorprendente riguarda il contenuto del vaso: al suo interno furono rinvenuti i resti di un neonato, completi di teschio e ossa. Questo ritrovamento ci offre uno spaccato sulle pratiche funerarie dell’antichità. Come ci ricorda lo stesso Carraturo citando Plinio, nell’antica Roma i corpi dei bambini morti prima della dentizione (circa sette mesi) non venivano cremati, a differenza degli adulti, ma sepolti integri.

L’oggetto presenta dimensioni considerevoli: un’altezza di tre palmi e mezzo (includendo la punta conica di mezzo palmo), con un’apertura di cinque once e un corpo che raggiunge le nove once nel punto più largo.

Ciò che rende particolarmente interessante questo reperto è il dibattito sulla sua funzione originaria. Sebbene sia stato utilizzato come urna funeraria, Carraturo sostiene che appartenga alla categoria dei cosiddetti “vasi Futili”, recipienti rituali impiegati nei sacrifici dedicati alla dea Vesta.

Questa ipotesi si contrappone a quella di altri studiosi che consideravano i vasi dalla forma appuntita esclusivamente come urne funerarie. Il canonico, basandosi sulle descrizioni di autori classici come Lattanzio e Donato, propende decisamente per la funzione sacrificale.

Al di là dell’uso specifico, la presenza di questo antico manufatto testimonia senza dubbio l’antichissima abitazione della zona, offrendo uno spaccato affascinante sulla vita e sulle pratiche religiose e funerarie dei nostri antenati.

Illustrazione del vaso nel libro del Carraturo
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