Cava de’ Tirreni, cittadina ricca di storia e cultura situata nella provincia di Salerno, ha visto nei secoli un patrimonio ecclesiastico straordinario fiorire e, in alcuni casi, scomparire con il passare del tempo. Numerose chiese e cappelle che un tempo arricchivano il paesaggio urbano e rurale sono oggi completamente svanite, lasciando solo documenti storici e memorie a testimoniarne l’esistenza. Questo articolo esplora alcune di queste strutture religiose scomparse.
Chiesa di S. Barbara (località Summonte)
Questa chiesa, menzionata per la prima volta in un documento risalente al 1222, sorgeva accanto alla cappella di S. Pantaleone nella località Summonte. Nonostante la sua importanza storica, la chiesa di S. Barbara è scomparsa da secoli, lasciando solo tracce nei documenti d’archivio. La stessa sorte è toccata alla vicina cappella di S. Pantaleone, anch’essa testimoniata solo dalla documentazione storica.
Chiesa di S. Fortunato (località Casa Costa)
La chiesa di S. Fortunato ha una storia documentata che risale al 1121, quando fu donata alla Badia. Una curiosità emerge dalle fonti storiche: lo storico Polverino la collocava in località Fano, ma un documento del 1136 chiarisce che si trovava in realtà in località Li Cerzoni, dove oggi sorge il casale Casa Costa. La struttura esisteva ancora nel 1459, ma oggi non rimane alcuna traccia visibile di questa chiesa medievale.
Cappella di S. Giovanni
Anche questa cappella è scomparsa da secoli. La sua esistenza è attestata nel registro dell’abate Balsamo, che copre il periodo 1208-1232. Non sappiamo esattamente dove si trovasse, ma rimane un altro esempio del ricco patrimonio ecclesiastico perduto della zona.
Cappella di S. Vito (valle di S. Liberatore)
Particolarmente interessante è la storia della cappella di S. Vito, situata nella valle di S. Liberatore. Secondo lo storico cavese Orazio Casaburi, questa cappella esisteva già nel 980. Un documento del 1062 rivela un interessante accordo: Gisulfo II, principe di Salerno, stipulò un accordo con l’arcivescovo Alfano di Salerno che coinvolgeva questa cappella. Il documento testimonia che la cappella si trovava in “piano montis”, cioè giù nella valle, in una zona dove si svolgeva il “gioco della caccia dei colombi”, attività per la quale il principe stesso nutriva una forte passione.
Nel 1595, la cappella di S. Vito esisteva ancora, come testimoniato da un evento documentato nei registri dei battezzati della chiesa di S. Nicola a Dupino: l’8 ottobre di quell’anno, un neonato abbandonato fu trovato proprio nella cappella di S. Vito e battezzato lo stesso giorno con il nome di Pietro dal parroco di Alessia, don Raimo de Buongiorno, con Toscanello Quaranta come padrino. Il giorno seguente, il bambino fu portato all’Annunziatella di Salerno. Oggi, della cappella nella valle non rimane alcuna traccia.
Cappella della Madonna alla Sala (via Ragone)
Questa cappella ha una storia più recente ma ugualmente interessante. Fu fondata nel 1896, ma la storia dell’immagine sacra che vi era custodita risale a molto prima. La sacra immagine della Madonna era stata posseduta da due sorelle della contrada Sala, Concetta e Caterina Della Monica, che per circa 20 anni avevano fatto preghiere davanti a quel quadro per persone bisognose di grazie, ottenendo sempre esaudimento delle loro richieste.
Dopo la morte delle due sorelle nel 1855, la loro casa passò in possesso del canonico Aniello Avallone, che trasformò in cappella la stanza che ospitava l’immagine della Madonna. Nel 1896, il canonico fece costruire una vera e propria cappella patronale, dove l’immagine sacra, benedetta dal vescovo Giuseppe Izzo, fu trasportata ed esposta alla pubblica venerazione con il titolo di Maria Santissima della Sala. Solo un anno dopo, nel 1897, la cappella fu ceduta a Domenico Adinolfi. Oggi la cappella non esiste più, ma a ricordarla resta un minuscolo campanile con due campanelle ancora sospese.
Cappella di S. Pantaleone (località Summonte)
Menzionata in un documento del 1119, questa cappella si trovava nella località Summonte. Un documento del 1158 fa riferimento a un “Catabulum”, oggi chiamato Summonte, già prossimo a rovinare. Da secoli non esiste più traccia di questa struttura.Conclusione
Le chiese e cappelle scomparse di Cava de’ Tirreni rappresentano un patrimonio culturale e religioso che, sebbene non più visibile, continua a vivere attraverso i documenti storici e la memoria collettiva. Queste strutture testimoniano non solo la profonda religiosità che ha caratterizzato la popolazione cavese nei secoli, ma anche i cambiamenti sociali, politici e urbanistici che hanno trasformato il territorio nel corso del tempo.
La loro storia, tracciata attraverso documenti antichi, ci permette di comprendere meglio l’evoluzione di Cava de’ Tirreni e il suo rapporto con la spiritualità e la fede. Sebbene fisicamente scomparse, queste chiese e cappelle rimangono parte integrante dell’identità culturale della città, un tesoro nascosto che merita di essere riscoperto e valorizzato.
La Cappella di Santa Caterina in Pie’ la Selva
Situata in Via Antonio Siani, la Cappella di Santa Caterina fu fondata nel 1558 da Andrea Sparano, con l’approvazione del vescovo Caselli. La storia di questa cappella è documentata nello “status ecclesiarum” del 1697 del vescovo Carmignano, ma curiosamente non compare più nel documento analogo del vescovo Pignatelli del 1699. Questo suggerisce che la cappella possa essere stata distrutta in quel breve arco di tempo, segnando la fine di un luogo di culto che era esistito per quasi un secolo e mezzo.
La Cappella di Santa Maria delle Grazie
Nella frazione di Alessia sorgeva uno dei gioielli architettonici più preziosi della zona: la Cappella di Santa Maria delle Grazie. La sua storia inizia il 27 gennaio 1571, quando alla morte di don Gabriele Casaburi, il vicario generale e canonico della cattedrale, don Nicola Parisi, nominò il reverendo Albenzio Gaudioso come beneficiario della cappellania, con il consenso del vescovo Caselli e dietro presentazione dei patroni Casaburi.
Questa cappella apparteneva alla famiglia D’Alessio, che possedeva gran parte del casale di Alessia e vasti terreni circostanti. All’interno si trovava una splendida statua lignea della Madonna delle Grazie, fatta arrivare appositamente dalla Francia.
Costruita nel 1662 sotto gli auspici di un prete francese, Terenzio Maison, la cappella era un vero e proprio gioiello in stile barocco. La famiglia D’Alessio vi celebrava solennemente la festa della Madonna delle Grazie ogni 2 luglio.
Per molti anni, la cappella fu curata dal sacerdote don Vincenzo D’Alessio (1743-1832), figlio del nobile Francesco e di Donna Angela Genoino. Nel 1950, la chiesetta fu restaurata.
Purtroppo, la storia di questa cappella si concluse tragicamente. Durante la devastante alluvione del 25 ottobre 1954, la cappella fu letteralmente spazzata via dalla furia delle acque, non lasciando alcuna traccia della sua esistenza.
Tratto da Cava Sacra di D.Attilio Della Porta