L’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni custodisce un patrimonio artistico medievale di straordinario valore. Fondata nel 1011 dal nobile salernitano Alferio Pappacarbone, l’abbazia si impose rapidamente come centro spirituale e culturale di primo piano nell’Italia meridionale.
La Chiesa e le sue trasformazioni
Sebbene l’attuale chiesa abbaziale sia frutto di una ricostruzione settecentesca (1757, con facciata del 1772), dell’originario edificio medievale sopravvivono preziose testimonianze. La grande chiesa consacrata da Papa Urbano II nel 1092, voluta dall’abate Pietro Pappacarbone, doveva emulare le magnifiche opere realizzate dall’abate Desiderio a Montecassino. Una lastra d’altare in marmo scolpito, conservata in una cappella attigua alla sacrestia, ricorda proprio quella storica consacrazione.
L’ ambone: capolavoro della scultura romanica
L’ambone rappresenta una delle testimonianze più significative dell’arte romanica campana. Nonostante i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli, quest’opera testimonia il fervore artistico che caratterizzò l’abbazia sotto la guida dell’abate Pietro Pappacarbone e, successivamente, dell’abate Marino (1146-1170). La datazione dell’ambone è confermata dall’iscrizione sulla scala e dai caratteri stilistici che lo accomunano ai pulpiti del Duomo di Salerno, realizzati intorno al 1180.
Il candelabro pasquale
Accanto all’ambone si erge il maestoso candelabro pasquale, opera della stessa bottega di artisti. Questa grande colonna, splendidamente incrostata di mosaici policromi, rappresenta un esempio raffinato delle tecniche decorative medievali diffuse nell’Italia meridionale, con evidenti influenze bizantine e arabe mediate dalla cultura salernitana e amalfitana.
Il cimitero longobardo
Tra gli ambienti più suggestivi del complesso abbaziale spicca quello che viene chiamato “cimitero longobardo”: uno spazio di età romana, di destinazione originaria sconosciuta, che durante il Medioevo fu trasformato in cripta o cimitero. Quest’area testimonia la stratificazione storica del sito e il riutilizzo di strutture antiche in epoca medievale.
La cappella dell’Abate Pietro II
L’abate Pietro II (1195-1208) fece erigere una cappellina che richiama le analoghe realizzazioni del Chiostro del Paradiso di Amalfi, costruite negli stessi anni. Questo piccolo ambiente sacro rappresenta un gioiello dell’architettura tardoromanica campana.
Il chiostro
Il chiostro attiguo alla chiesa, costruito tra il XII e il XIII secolo, costituisce uno degli spazi più affascinanti dell’intero complesso. Eretto con volte a crociera e utilizzando anche materiale di recupero, questo ambiente rappresenta il cuore della vita monastica medievale e conserva intatta l’atmosfera contemplativa tipica dell’architettura benedettina.
L’hospitium dei pellegrini
L’hospitium duecentesco, destinato all’accoglienza dei pellegrini, testimonia l’importante funzione assistenziale svolta dall’abbazia lungo le rotte di pellegrinaggio medievali. Oggi trasformato in Museo dell’Abbazia, custodisce interessanti pezzi scultorei del Trecento napoletano.
Lo scriptorium e l’arte della miniatura
Lo scriptorium dell’Abbazia di Cava rappresentò per circa tre secoli uno dei più importanti centri di produzione libraria dell’Italia meridionale. L’attività iniziò pochi decenni dopo la fondazione dell’abbazia e si protrasse fino alla metà del XIV secolo, producendo codici miniati di straordinaria bellezza.
Il manoscritto più antico conservato nella Biblioteca dell’Abbazia risale alla metà dell’XI secolo e contiene il De temporum ratione di Beda il Venerabile. Quest’opera presenta iniziali policrome in rosso, azzurro, nero e oro, oltre a cinque disegni a penna che mostrano l’influenza tanto della tradizione bizantina aulica quanto della cultura figurativa beneventana.
A partire dalla seconda metà del XII secolo, i codici cavesi mostrano una crescente presenza di elementi decorativi di derivazione gerosolimitana, giunti attraverso i rapporti commerciali con il Mediterraneo orientale e il legame con il monastero di Monreale in Sicilia, dove nel 1176 si trasferirono alcuni monaci cavesi. Questo scambio culturale è evidente nei codici con opere di Gregorio Magno, Girolamo e altri Padri della Chiesa, caratterizzati da iniziali intrecciate che formano lacunari decorati con tralci bianchi su fondi colorati.
I capolavori del Duecento
Il De septem sigillis di Benedetto da Bari (1227 circa) rappresenta uno dei vertici della produzione miniaturistica cavese. Quest’opera presenta iniziali formate da pesci, uccelli e animali fantastici, oltre a una preziosa scena di dedica dove l’autore, raffigurato sia giovane che anziano per testimoniare la lunga durata del lavoro, offre il libro all’abate Balsamo.
La Bibbia di Filippo de Haya
Durante il governo dell’abate Filippo de Haya (1316-1331), fu realizzata una sontuosa Bibbia ornata da ben 1.268 iniziali, opera di vari miniatori di cultura prevalentemente bolognese ma con riferimenti alla miniatura francese e all’opera di seguaci di Cimabue. Quest’opera segna l’ingresso dello stile gotico nello scriptorium cavese.
Il cofanetto in avorio
Nel Museo dell’Abbazia è esposto un prezioso cofanetto in avorio della fine dell’XI secolo, probabilmente opera di artefici locali di grande livello, in relazione con la cultura costantinopolitana importata a Montecassino dall’abate Desiderio. Quest’opera testimonia l’alta qualità raggiunta dalle botteghe artigiane legate all’abbazia.
La Stauroteca
Tra i tesori dell’abbazia spicca una raffinata stauroteca (reliquiario della Croce) in filigrana su lamina d’oro, riferibile alla prima metà del XII secolo. Quest’opera di oreficeria sacra, di fattura molto raffinata, si inserisce nella tradizione della cultura campano-bizantina.
L’Abbazia della Santissima Trinità rappresenta un complesso monumentale di eccezionale valore dove ogni opera d’arte racconta secoli di storia e testimonia l’integrazione tra culture diverse che ha caratterizzato l’Italia meridionale medievale.
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