l territorio cavese, ricco di testimonianze archeologiche romane, continua a svelare preziosi dettagli sulla vita quotidiana dei suoi antichi abitanti. Tra i ritrovamenti più affascinanti spiccano le conchiglie marine rinvenute durante gli scavi della villa romana a San Cesareo, testimonianza di raffinati costumi alimentari e di un elevato status sociale.
Gli scavi condotti presso la villa romana di San Cesareo negli anni ’50 hanno portato alla luce un interessante reperto: diverse conchiglie marine appartenenti a due specie ben precise – Spondylus gaederopus e Murex brandaris. Questi ritrovamenti non sono casuali, ma raccontano molto sulla famiglia che abitava questa residenza, la gens Metellia, una famiglia benestante con possedimenti terrieri e probabilmente proprietaria di una villa di lusso.
Sono stati recuperati sei esemplari in totale: cinque valve di Spondylus e un esemplare di Murex, rinvenuti insieme a materiali ceramici, oggetti metallici e vetri, molto probabilmente in quella che era parte delle cucine della villa.

Il Murex brandaris, noto anche come murice, è una specie marina molto conosciuta nel Mediterraneo, apprezzata sia per il suo valore gastronomico che per altri utilizzi. Questa specie era particolarmente importante nell’antichità anche per la produzione della pregiata porpora, colorante prezioso utilizzato per tingere le vesti dei nobili.
Lo Spondylus gaederopus, comunemente designato con il termine di “ostrica”, vive nelle lamine (alghe brune delle Laminariaceae) e nelle zone corallifere. Si tratta di un mollusco che si attacca agli scogli, spesso in acque correnti e immerse, dove è a contatto con sabbia contenente elementi piroclastici. È una specie molto ricercata dalle popolazioni che abitavano le coste del sud Italia e della Francia meridionale, dove viene consumata cotta.
La presenza di queste conchiglie marine negli scavi di Cava de’ Tirreni è particolarmente significativa. Il fatto che siano state rinvenute in una villa romana appartenente a una famiglia benestante suggerisce abitudini alimentari raffinate e l’accesso a prodotti di lusso provenienti dal mare.
È interessante notare che, secondo quanto riportato nel giornale di scavo, furono rinvenute “numerose conchiglie”, indicando una sorta di campionatura in una più cospicua presenza.
Entrambe le specie ritrovate potevano essere raccolte nelle acque a bassa profondità dei dintorni di Salerno. La loro presenza nella villa romana di San Cesareo testimonia non solo il gusto raffinato dei proprietari ma anche la diffusione di pratiche gastronomiche elaborate nell’Italia meridionale durante l’epoca romana.
Purtroppo, non essendosi conservata la totalità delle conchiglie, risulta impossibile determinare con precisione il ruolo che svolgevano nell’alimentazione degli abitanti della villa. Tuttavia, questo ritrovamento offre uno sguardo affascinante sulle abitudini culinarie delle famiglie benestanti romane e sul loro rapporto con le risorse marine del territorio.
Il territorio cavese, con i suoi declivi naturali, era particolarmente adatto agli insediamenti romani, e infatti l’età romana vide adagiarsi sui declivi del territorio cavese ville in numero certamente maggiore di quanto ci è dato rilevare allo stato attuale della documentazione. I ritrovamenti come quello delle ostriche di San Cesareo contribuiscono a ricostruire il ricco mosaico della vita quotidiana nell’antica Roma, rivelando connessioni economiche, sociali e culturali che attraversavano il Mediterraneo.
Tratto da Salerno Provincia Archeologica di Matilde Romito