Due storie di presepi che si intrecciano

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Il Natale è arrivato e tra le tradizioni più amate da noi in Italia c’è quella del presepe.

Nel contempo negli scorsi giorni negli Scavi di Pompei, in una domus confinante con la casa di Leda, sono state ritrovate 13 statuine in terracotta, alte circa 15 centimetri, che rappresentano figure umane unitamente ad una noce, una mandorla, la testa di un gallo in argilla e una pigna in vetro. Si tratta di tracce di un antico rito, legato al ciclo vitale delle stagioni e alla fertilità della terra, che si svolgeva in occasione dell’equinozio di primavera. Alcuni soggetti sembrano rimandare al mito di Cibele e Attis, la dea madre e il suo consorte, che moriva e risorgeva ogni anno.

Queste statuine, che erano conservate in un ambiente decorato con affreschi, potrebbero essere considerate come i precursori del nostro presepe, in quanto erano usate per allestire delle scene simboliche nelle case, in onore degli dei.

Anche se non si riferivano alla nascita di Gesù, ma a un altro evento di rinascita, mostrano come gli antichi romani avessero il senso della rappresentazione e della devozione.

Dove nasce questa usanza? E quali sono i legami tra il presepe di Pompei e il presepe di Greccio, creato da San Francesco nel 1223?

Le statuine di Pompei, conservate in un ambiente decorato con affreschi, potrebbero essere considerate come i precursori del presepe, in quanto erano usate per allestire delle scene simboliche nelle case, in onore degli dei.

Il presepe di Greccio, la tredicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, rappresenta il primo presepe vivente della storia, allestito da San Francesco a Greccio, in provincia di Rieti, nella notte di Natale del 1223. Fu un modo per avvicinare i fedeli al mistero dell’incarnazione, rendendo concreto e tangibile il messaggio di umiltà e povertà di Gesù. Fu anche un gesto di pace e di fraternità, in un periodo di conflitti e di violenze ed un invito a contemplare la semplicità e la povertà del messaggio cristiano, che si esprime attraverso la figura del bambino Gesù.

Il presepe di Pompei e il presepe di Greccio sono due storie che si intrecciano, pur appartenendo a epoche e contesti diversi.

Entrambi testimoniano la capacità dell’uomo di esprimere la propria fede e la propria cultura attraverso delle immagini, che parlano al cuore e alla mente. Entrambi raccontano di una nascita, di una speranza, di una luce che illumina le tenebre e ci invitano a riflettere sul senso del Natale, sulla nostra umanità e sul valore della vita.

In conclusione, il presepe di Pompei e quello di Greccio ci insegnano che, nonostante le differenze storiche e culturali, l’espressione della devozione e della spiritualità è un aspetto intrinseco dell’esperienza umana. Queste rappresentazioni del presepe ci invitano a contemplare e a celebrare il Natale con un rinnovato senso di meraviglia e di riflessione sulle nostre radici e sulle nostre tradizioni.

L’anacronistico presepe moderno diventa, con questa scoperta, ancora una volta uno degli archetipi piu antichi che esistano: un racconto, un libro senza fogli di carta, un quadro con una profondità nello spazio, che non va solo guardato ma anche contemplato e nel contempo  ci mostra la sua derivazione dall’abitudine pagana di conservare delle immagini di parenti scomparsi, delle statuette degli avi defunti della famiglia, in appositi luoghi o nicchie, ambienti in miniatura, da onorare in occasioni particolari  dell’anno.

Come spesso accade, la cultura dell'antica Roma ha esercitato un'influenza duratura e significativa su molte tradizioni e abitudini che persistono fino ai giorni nostri, che il Cristianesimo ha saputo sapientemente permeare e rielaborare.

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