Cava Ieri

Il lavoro e la poesia: le due allegorie di Chiaramonte

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Oggi parliamo delle due statue del Novecento dello scultore Gaetano Chiaramonte, create nel 1948 e situate nel Salone d'onore del Municipio di Cava de' Tirreni (SA).

Gaetano Chiaramonte è stato uno scultore noto per la sua versatilità nel plasmare le materie più varie dal marmo alla terracotta, al gesso e soprattutto il bronzo.

Nato a Salerno, studiò all’ Accademia Napoletana di Belle Arti e nel 1906 espose le sue opere alla Fiera Mondiale di Parigi. Chiaramonte ha realizzato diverse opere pubbliche di grande impegno, tra cui il Monumento ai caduti per l'indipendenza del Venezuela e una statua di Cristoforo Colombo in bronzo. Nel 1903 gli fu affidato l'incarico di realizzare la statua della Madonna del Rosario per il coronamento del Santuario di Pompei. Nel 1911, ha realizzato opere in bronzo di grandi dimensioni e delle sfingi, destinate al coronamento della facciata della nuova università di Panama. Nel 1923, ha completato il Monumento ai Caduti a Salerno, inaugurato dal Re Vittorio Emanuele III, che gli ha conferito l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia. Nel 1926, divenne professore alla Real Accademia di Belle Arti di Napoli. Alcune delle sue opere sono conservate nel museo dell'accademia delle arti di Napoli.

L'artista ha lasciato alcune opere anche nel nostro Comune e a Palazzo di Città abbiamo due sue statue.

Una prima statua rappresenta una figura maschile, una figura virile con un perizoma e una cintura stretta, le braccia conserte su un badile mentre tiene accanto a sé una zolla di terra. La testa è girata verso destra con lo sguardo rivolto in una direzione non specificata. La scultura, caratterizzata da linee chiare e volumi realistici del corpo, denota un classicismo accademico. Questa statua rappresenta il lavoro della terra o più genericamente il lavoro. La figura virile con il badile si inserisce nell'ambito della scultura celebrativa, con un nudo atletico e un'impostazione classica che richiamano la retorica fascista.

La statua "Allegoria della Poesia" rappresenta invece una figura femminile imponente, con torso scoperto e una tunica che le scende sulle braccia. Con una mano tiene un libro dalle pagine lacerate e con l'altra apre le pagine del libro stesso. La testa leggermente inclinata è caratterizzata da un profilo classico e una capigliatura annodata.

Le due sculture, che sono state realizzate con la scagliola dall'artista salernitano nel 1948, furono commissionate contemporaneamente alle tele di Clemente Tafuri presenti nello stesso luogo, creando così un insieme di simboli e rappresentazioni carichi di significati, che legano la storia passata di Cava con quella dell'Italia contemporanea, evidenziando i valori centrali della cultura e del lavoro, significativi nella nuova costituzione. Le statue, con il loro nudo atletico e la forte carica simbolica, appartengono alla tradizione della scultura celebrativa che ebbe grande sviluppo nella retorica fascista.

Ritrovamenti archeologici nel Castello di Cava de Tirreni: un'introduzione alla storia

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Un estratto da "Schola Salernitana - Annali XVI (2011)" che descrive lo scavo del bastione est del Castello di S. Adiutore di Cava de Tirreni (XI-XVI secolo) a cura degli autori, Gianluca Santangelo e Alfredo Maria Santoro, riporta i risultati delle indagini archeologiche svolte nell'ambito dei lavori di recupero del castello di Cava.

Questo scavo è stato condotto come parte dei lavori di recupero del castello e ha fornito importanti informazioni sulle varie fasi dei lavori, le scoperte significative e il contesto storico del sito medievale. Durante lo scavo del bastione quattro-cinquecentesco, sono state osservate caratteristiche tipiche dell'epoca proto-moderna, come un doppio ordine di bocche da fuoco che formavano un sbarramento attraverso il tiro incrociato. Nella parte inferiore del bastione sono state trovate sette aperture, mentre nella fascia superiore si aprono sei bocche da fuoco. Durante lo scavo, sono stati rinvenuti anche strati di bruciato, il che suggerisce un'azione di combustione forse collegata alla riorganizzazione della zona posteriore dei muri del torrione.

I reperti trovati durante lo scavo testimoniano la presenza umana nel sito dal medioevo all'età contemporanea, con materiali che vanno dal XIII al XIX secolo, inclusi reperti ceramici, monete e manufatti in vetro.

Una delle scoperte più significative è stata una rara moneta amalfitana, risalente all'XI secolo e attribuita a Manso vicedux, della zecca di Amalfi. Le evidenze archeologiche che possono aiutare a comprendere l'uscita dalla circolazione del follaro recuperato durante lo scavo includono il ritrovamento di una moneta di XI secolo, attribuibile a Manso vicedux, della zecca di Amalfi. Questo ritrovamento è significativo perché la moneta non è contemporanea all'impianto difensivo del castello, suggerendo l'esistenza di fabbriche precedenti a quelle attualmente visibili.

Le ipotesi sulla datazione e sull'autorità emittente della moneta amalfitana sono molteplici e oggetto di dibattito tra gli studiosi. Alcune teorie suggeriscono che la moneta potrebbe essere stata emessa durante il periodo di dominazione salernitana dei principi Guamario IV e Gisulfo II. Altri studiosi propongono una cronologia diversa, che colloca l'emissione della moneta durante la prima epoca normanna, tra il 1076 e il 1085.

Durante il periodo di emissione delle monete a nome di Mansone vicedux, si evidenziano relazioni economiche e di competizione significative tra le città di Salerno e Amalfi. Le emissioni di monete a nome di Mansone continuano fino a essere assorbite dal fenomeno delle ribattiture della fine dell'XI secolo. Questo contesto storico indica certamente una complessa dinamica economica e politica tra le due città durante il periodo di emissione delle monete a nome di Mansone vicedux.

Le alluvioni a Cava dal 1581 al 1954

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Di seguito la cronologia delle alluvioni di cui si ha notizia a Cava a partire dal 1581 al 1954.

                                                                                                                                                                                                     

30 settembre 1581

Colpì la provincia di Salerno ed in modo particolare Castiglione, Giffoni, Salerno, Cava de’ Tirreni, Vietri sul Mare, causando 300 vittime di cui 2 a Vietri sul Mare .“Vi fu un grandissimo e insolito diluvio nelle parti di Castiglione di Giffoni in più luoghi e nel casale do Ogliara delle pertinenze della città di Salerno per l’acqua piovana e per l’altra sorta dei monti dei luoghi suddetti per cui molti sventurati e infelici uomini morirono e molte case e proprietà distrusse dalle fondamenta, insieme a ponti e spiantò alberi e condusse molti beni mobili e legna fino al mare  e soffocò animali portando grandissimo danno e agli esseri viventi… nel detto diluvio nel quale morirono quasi  trecento uomini. (AS SA- protocolli notarili 1581 – 1584)

 1 nov. 1733                                                                                                                

La notizia più antica viene registrata nei ricordi di una famiglia nocerina che segnala una colata avvenuta il 1 novembre nella frazione di Passiano, che causò la distruzione di due casali e, come ricorda la fonte, la morte di un elevato numero di persone.

 12 nov. 1735                                                                           

La zona colpita dal nubifragio va da Salerno fino a Cetara, danni si registrarono anche a Cava de’ Tirreni e a Vietri sul Mare. In quest’ultima località oltre ad essere danneggiata la strada regia, si ebbe la perdita di qualche feluca e anche danni ai mulini.

“A 9 (novembre) fu un grandissimo alluvione con grave danno dentro e fuori Salerno per dodici miglia”.

“…si rende necessario aggiustare la strada regia nell’ambito di Vietri anche a seguito della molta acqua fatta”.

 

 25 gennaio 1736

A Vietri sul Mare il nubifragio rese inattive le valchiere.

 26 settembre 1736

Danni considerevoli nel bacino del Bonea e a Vietri sul Mare danni alle valchiere.     

 

Novembre 1738  

Nella nostra presenza personalmente costituiti Giuseppe Sangermani di anno 81 circa ,… particolari della Marina di Vietri, .. dichiarano, attestano, et fanno la presente fede, .. per essere antichi e di età avanzata, che in detta marina di Vietri vi è accaduto tre volte inondazione, ed alluvione d’acqua, cioè nel mese  di Novembre dell’ anno millesettecento trentotto, un’altra volta nel mese di Novembre dell’anno millesettecento sessanta, e l’ultima volta di 11 Novembre mille settecento settantatrè; ne quali tempi apportò molto danno in detta marina e ne magazzini in essa esistentino…”. (AS SA – protocolli notarili 1774)

 

3 novembre 1750

– Evento alluvionale di particolare intensità, che colpisce la costa salernitana causando molte- vittime con fenomeni di progradazione della fascia costiera.

 

25 dicembre 1757

 A seguito delle piogge intense, iniziato nel mese di novembre, si verifica l’interruzione della strada tra Vietri sul Mare e Salerno, a causa di una frana.

A 24 dicembre vigilia di Natale ripasso il Re per andare a Napoli; non potè il giorno antecedentemente passare il Selo, né pure per la montagna caduta viaggiare per la strada di Vietri, onde s’imbarcò a S. Teresa su d’una filluga, e per qualche tempo passeggiò con i Principi per la Marina”.

 

Novembre 1760

Notizia di un alluvione che provoca  danni a Marina di Vietri soprattutto ai locali terranei ed ai depositi.

“ nella nostra  presenza personalmente costituiti Giuseppe Sangermano di anni 81 circa… particolari della Marina di Vietri… dichiarano, attestano et fanno la presente fede.. per essere antichi e di età avanzata, che in detta marina di Vietri vi è accaduto tre volte inondazione, ed alluvione d’acqua, cioè nel mese  di Novembre  dell’anno mille settecento trentotto, un altra volta nel mese di Novembre  dell’anno mille settecento sessanta, e l’ultima volta nel 11 Novembre millesettecento settantatrè; ne quali tempi apportò molto danno in detta marina e ne magazzini in essa esistentino...” .

 

25 Maggio 1762

 L’alluvione causa notevoli danni alle infrastrutture ed alle abitazioni a Cetara con la morte di 50 individui.

“ A  25 maggio fu un alluvione così grande la notte con tuoni e tempesta che cadde un tuono in casa Santoro, e si subissò Cetara per una nibe rotta, che spiantò case dalle fondamenta colla perdita di 50 persone”.

 

19 gennaio 1764

 Alluvione che colpisce la provincia di Napoli e quella di Salerno. I danni maggiori si ebbero a Castellammare di Stabia, Gragnano, Nocera, Minori e Maiori e più in generale nel Golfo di Salerno, con la morte di 150 persone.

… piove continuamente, e sono accadute disgrazie grandissime … un turbine che unito all’acque à distrutto una terra, vicino a Castel’ a mare; altre ve ne sono nel golfo di Salerno, con mortalità grandi … Maiori e Minori, tere grosse di quel Golfo, siano state rovinate assai …”.

 

Novembre 1770

 Piogge intense  nella provincia di Salerno con danni ad Ogliara.

“ In questo principio di novembre furono tempi così dirotti di pioggia continua, che patì molto la campagna, e l’umana salute a due detto mori uno in Ogliara dal fulmine ed i tuoni erano spassi ed orrendi. Molti territorj della piana furono allagati con diroccamenti di rupi, e muraglie: insomma l’acque duravano più di un mese”.

 

9-11 novembre 1773 – Evento alluvionale di notevole entità, che fa seguito ad un periodo di pioggia piuttosto intenso, colpisce la provincia di Salerno, provocando ingenti danni nei bacini compresi tra l’Irno ed il Bonea. La zona più colpita fu Cava de’ Tirreni con le sue frazioni, ( fu distrutto il Casale di Casalonga) ma notevoli danni si ebbero anche a Nocera, a Vietri sul Mare, Salerno e Cetara, il numero dei morti fu impressionante, circa 400. Marina di Vietri oltre ad essere completamente allagata, subì la distruzione della cartiera De Simone con una vittima; l’apporto solido del materiale trascinato a valle dal Bonea costituì un delta temporanea. Notevoli le frane, i denudamenti e sovralluvionamenti che si registrarono su tutto il territorio.

 

1780 – Nubifragio che colpisce Atrani con la perdita di 26 individui.

 25 dicembre 1796 – Alluvione colpi prevalentemente Cava de’ Tirreni provocando notevoli danni al Monastero della SS. Trinità, alla biblioteca e alle cantine. Crolli si verificarono tra Castagneto e Molina di Vietri.

 

10 novembre 1817 – Alluvione che colpisce la zona costiera. A causa di pioggia persistenti, la strada Consolare è resa inagibile in più punti a causa delle frane e in località Fuenti, Un frana di notevoli proporzioni investe un presidio doganale, provocando la morte di 4 persone.

 

Novembre- dicembre 1822- A causa delle pioggia, una colata investì la strada che da Salerno conduce a Vietri sul Mare in località Scarrupata.

 

24 gennaio 1823 – Evento alluvionale che colpisce il Sarnese e la Costiera Amalfitana. Una serie di fenomeni franosi investono varie località del comune di Vietri, tra cui Benincasa, Dragonea e Molina.

 

13 settembre 1834 – Nubifragio che provoca danni a Cetara.

 

18 luglio 1835 – Nubifragio che investe molte località in provincia di Salerno, tra queste Cava de’ Tirreni e Conca dei Marini subirono i danni più gravi.

 

27 settembre 1837 -  Nubifragio che provoca danni ai comuni di Salerno e Vietri sul Mare.

 

26 ottobre 1843 – Nubifragio che investe la costiera da Salerno a Maiori. Una frana di modeste dimensioni si verifica lungo la strada che da Vietri conduce a Maiori, ed una colata detritica investe la località di Molina.

 

18 marzo 1845 – Nubifragio che investe la costiera da Salerno a Maiori. A seguito di piogge si verifica una colata detritica a Molina; due frane di modeste dimensioni investono la zona di S. Francesco a Marina di Vietri.

 

5 gennaio 1853 -  Nubifragio che provoca danni a Vietri. Sei frane investono il territorio comunale, interessando la località Monaco, la strada per Raito, i ponti Mano d’albori e La Mola, la punta del Tumulo e il Sito del Vento.

 

11 ottobre 1866 – Piogge intense innescano due frane, che investono la località Fuenti e le rampe di Raito.

11 novembre 1866 – Piogge intense innescano frane di modeste dimensioni a Vietri nella frazione di Raito e presso i ponti Mano d’ Albori, Buonomatto e al Ponticello della fontana.

 

16 marzo 1867 – Piogge intense causano danni a Vietri sul Mare e a Salerno.

 

7-12 novembre 1868 – Danni a Salerno.

 

Aprile 1875- Danni a Salerno nella zona Castello.

 

25 febbraio 1879 – Una fortissima tempesta, tanto da essere definita “maremoto” investe la costiera provocando notevoli danni ad Strani, Cetara, Furore, Maiori, Postano, Paiano, Salerno e Vietri sul Mare. La tempesta provoca il nubifragio di 10 imbarcazioni con la morte di 9 marinai nella rada di Vietri sul Mare.

 

15 settembre 1882 – Danni a Salerno, una frana investe Canalone e Rione Croce.

 

7-8 ottobre 1899 - Alluvione che colpisce la provincia di Salerno, dai Monti Picentini alla zona costiera. Si contano 87 vittime. La linea ferroviaria, nel tratto che attraversa Marina di Vietri, fu interessata da un movimento franoso. Ingenti danni subì il patrimonio boschivo, soprattutto località di Tresare e Via nuova presso Molina di Vietri.

 

Febbraio 1903-   “ danni da acqua e fango nella maccheronieria Bellelli”

 

Novembre 1908 – Danni a Salerno e a Vietri sul Mare.

 

24 ottobre 1910 – L’alluvione colpisce da Ravello a Salerno, includendo i territori di Tramonti e scala.

 

20-21 settembre 1912 – “ nella notte dal 20 al 21 ( settembre) … queste località … siano state  sorprese da incalzante e rovinoso uragano… fra tanti gravi danni, ebbe a ingrossarsi l’anzi  cennato fiume Bonea scavando fino alla profondità di metri sei.

 

Novembre 1915 –Più frane si sono manifestate nel vallone di Vetranto, presso la borgata Castagneto di Cava de’ Tirreni.  

 

6 novembre 1916 – Danni a Vietri per un totale di 80.000 lire.

 

Dicembre -2 gennaio 1920-  In tutto il territorio del Comune di Cava gravi danni sia ai fondi privati, sia alle strade comunali.

 

26 marzo 1924 – L’evento alluvionale interessò la fascia costiera compresa tra Salerno e Positano.

 

1 e 2 marzo 1935-Frane gravissime mossesi nei vari punti dell’agro, hanno interrotto la comunicazione tra Cava centro e le molteplici frazioni niuna esclusa.

 

Settembre- ottobre 1940- La notte su Domenica ,29 decorso Settembre, un violento temporale, senza precedenti in questa Città, e che sì è ripetuto con maggiore intensità il mattino del 1 ottobre, accompagnato per giunta da grandine di grossezza non comune, ha sconvolto nella massima parte la rete stradale per tutta la estensione di circa 60 chilometri.

 

6 gennaio -  24 marzo 1944 Eruzione del Vesuvio, nel corso della seconda guerra mondiale. Il fenomeno eruttivo inizia tuttavia il 12 agosto 1943, con la fuoriuscita della lava che sgorga da una bocca posta al piede del conetto del vulcano. L'apertura di questa bocca causa il crollo del conetto stesso e così, si determina un aumento delle fuoriuscite divenendo vere e proprie esplosioni. L'eruzione vera e propria, comunque, l'ultima avvenuta al Vesuvio fino ad oggi, inizia proprio nel pomeriggio del 18 marzo 1944. L'attività iniziò anche questa volta con forti colate laviche che giunsero fino a Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e di San Sebastiano, uno dei paesi più colpiti dall'evento. I paesi più danneggiati dai depositi piroclastici da caduta furono 

 

20 maggio 1944                                                                                                           

In seguito alla caduta del lapillo e alle piogge dei giorni successivi a tale caduta, si è avuto a verificare che porzione del lapillo superficiale, trasportato dalle acque, ha in parte invaso la fognatura principale oltre a riempire quasi completamente i pozzetti di immissione stradale. Inoltre alcuni edifici comunali hanno tuttora i tetti ingombri dal lapillo vulcanico, mentre anche i giardini pubblici con le aiuole relative ne sono ricoperte da uno spesso manto.

 

18 agosto 1949-  Sgombero lapillo danni alluvionali- Esiste a Cava de’ Tirreni una situazione particolare, già a sua tempo segnalata, in dipendenza della caduta del lapillo vulcanico del marzo 1944. Avviene ogni anno, e principalmente ogni qualvolta si verificano copiose precipitazioni atmosferiche, come è avvenuto il 18 c.m., che parte dello spesso strato lapillo, che tuttora ricopre i monti e le colline circostanti, viene trascinato dalle acque torrenziali, a valle, rendendo inefficienti il nostro limitato dispositivo pedimontano di opere di bonifica, ( collettori, alvei, valloni, valloncelli, ecc.) con conseguente occlusione di tutte le cunette stradali, per gli abitati a valle, anche minacciando la pubblica incolumità.

 

Novembre 1951   

Da oltre sette anni questa Amministrazione non ha mancato di segnalare i danni ingenti…  e l’incombente pericolo che la presenza del lapillo  e la situazione dei luoghi palesemente minacciava, niente è stato fatto finora…

 

26 ottobre 1954

Le precipitazioni straordinarie che si ebbero tra il 25 e 26 ottobre provocarono la disastrosa allevione che colpì, tra gli altri comuni, quello di Cava de’ Tirreni. I danni diretti su tutto il teritorio furono quantificabili in circa 3 miliardi di lire, i morti 316, 250 i feriti, 2449 le famiglie rimaste senza abitazione. La situazione più drammatica si verificò nella piccola frazione di Alessia, sul versante Nord del monte San Liberatore.

Fummo allora allarmati da una nuvola temporalesca che scorgemmo sospesa sulla Piana di Paestum, da cui vedevamo la pioggia scendere a torrenti. Noi da parte nostra non ci agitammo per certi fulmini e tuoni molto lontani, poiché la nuvola dava l’impressione di spostarsi ancora più lontano, all’improvviso però cambiò direzione, e la scura linea di pioggia che si riservava sul mare sembrò avvicinarsi a noi rapidamente. Tutti gli scialli e i mantelli della barca (ed in estate, In Italia, non si portano dietro tantissimi indumenti) non ci avrebbero salvato da una bagnata! La scena era davvero eccezionale, la nuvola era così scura ed il diluvio ricopriva uno spazio così piccolo che a prima vista lo scambiammo per una tromba marina. Il marinaio che era con noi non rise dei nostri timori, e noi ci spaventammo ancora di più.

In ogni altro punto il cielo era azzurro e sereno, il mare era calmo, eppure i barcaioli remavano freneticamente, come ne andasse della vita. Noi alternativamente ci guardavamo in faccia preoccupati e poi guardavamo la colonna di pioggia, finchè salutammo con gioia l’apparire di Vietri! In quello stesso momento la nuvola cambiò di nuovo direzione e ci permise di raggiungere il nostro porto con più tranquillità, con un senso di vivissima gratitudine alla Provvidenza che ci aveva salvato! Queste improvvise bufere nel Mediterraneo sono davvero spaventose ed anche i più esperti marinai sono spesso colti di sorpresa… ( Tratto da “ La Cava” ovvero: I miei Ricordi dei Napoletani ( memorie di un anonima autrice inglese del XIX secolo pag 187-188)

Allo spuntare del mattino, quest’oggi, era tutto scuro ed il cielo era nuvoloso, l’aria era fresca, ogni cosa lasciava presagire che stava per piovere. La pioggia arrivò sul serio nel pomeriggio, “ come dei forconi con i denti all’ingiù!”. Vi posso assicurare che un temporale tra queste montagne non è uno scherzo. Eppure, ad onta dello spavento, la scena è straordinaria. Le nuvole si tengono molto basse sulla valle e ricoprono le cime dei monti, mentre il fulmine dardeggia per l’aria in modo fantastico, come un qualcosa di inafferrabile, seguito da un tuono a rombo prolungato, scheggiato a ripetizione dalle montagne senza interruzione, oppure da uno spaventoso ed assordante fragore, esattamente sulla tua testa, che ti mozza il fiato e ti lascia lì, tutto pallido e tremante, memore dalle parole del buon vecchio Jeremy Taylor, per il quale chi “ balla” durante un temporale “ è preso da sicura immodestia”. Ma non c’è pericolo di ciò a La Cava.

Viene giù un torrente di grossi chicchi di grandine, simili ad una grande ciliegia o ad una noce. Fiumi di acqua entrano dalle finestre sconnesse e non chiuse bene. In un attimo la casa viene inondata e, mentre la famiglia è in grande andirivieni, se guardi fuori dalla finestra scorgi in cielo un bell’arcobaleno, con un’estremità nel giardino e l’altra sul vecchio San Liberatore, il cui fianco dirupato acquista così un aspetto fiabesco. Brilla allora il sole, come d’incanto le nuvole sono sparite. Gli uccelli, che erano ammutoliti dalla paura, ora riprendono a cinguettare e le cicale cantano di nuovo. Non rimangono altri segni del temporale, se non la casa umida e gli alberi gocciolanti. (Tratto da “ La Cava” ovvero: I miei Ricordi dei Napoletani ( memorie di un anonima autrice inglese del XIX pag 207)

 

 

Illustrazione Italiana  anno XVI n° 45 del 5 novembre 1899

L’inondazione di Salerno

L’alluvione portò in Salerno, con le acqua molto fango, brecciame minuto e diversi alberi… ostruendo delle porte, danneggiando abbastanza quei poveri negozianti dei loro averi.

Nessuna vittima fortunatamente vi fu in Salerno, all’infuori di un cavallo che venne dimenticato in scuderia. A Vietri, cittadina vicina a Salerno, fu una frana che cadendo seppellì parecchie ragazze.

L’unica cosa che ha fatto impressione, perché sembra inverosimile, è stato il trasporto fatto dalle acque al chilometro 63 della linea ferroviaria Napoli Battipaglia, e precisamente vicino a Pontecagnano, di circa 1000 metri di binario ferroviario, che urtando nel cammino contro una piccola casa cantoniera, si spezzò rimanendone per una settantina di metri dentro un fossato, mentre il rimanente binario venne trasportato, sempre dalle acque, a circa 100 metri.

Mille metri di binario ferroviario completo pesano parecchie tonnellate, e non ha la forma per galleggiare sulle acque.

 

Per gentile concessione della dott.ssa Beatrice Sparano

Tratto dalla mostra documentaria  “La maledetta notte del 26 ottobre 1954

 Biblioteca comunale Can. Avallone di Cava de’ Tirreni 23.10.2014

Tramutola e i benedettini cavesi

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La citta di Tramutola, in provincia di Potenza, ha origini legate alla presenza dei monaci benedettini dell’Abbazia della SS.Trinità di Cava.

Nel 1144, un monaco di nome Giovanni di Marsico, che era cappellano dell'abate Marino della Badia di Cava, ottenne la simpatia di alcuni ricchi signori che donarono all’abbazia di Cava la chiesa di San Pietro, insieme al dormitorio e a tutti i suoi beni. La donazione fu poi formalizzata con il consenso del vescovo di Marsico Giovanni II.

La reputazione di santità dei monaci benedettini di Cava e il loro lavoro di bonifica in una zona paludosa contribuirono all'espansione dell'insediamento. L'attenzione dei monaci alla città favorì la coltivazione del gelso e l'allevamento dei bachi da seta, che insieme al lino, alla canapa e alla produzione tessile, costituirono per secoli l'economia locale. La dipendenza dall'Abbazia di Cava diede alla comunità di Tramutola una certa protezione dai soprusi subiti da altri paesi da parte dei signori feudali.

L'abate di Cava, che ottenne il titolo di Barone di Tramutola, governava attraverso un vicario per gli affari ecclesiastici e un "bajulo".  Il "bajulo" era responsabile per gli aspetti fiscali e finanziari del governo dell'abate di Cava, che esercitava il suo potere su Tramutola. Si trattava di una figura amministrativa incaricata di gestire le questioni economiche della comunità e garantire l'adempimento delle responsabilità finanziarie. I capi delle famiglie potevano esprimere le loro opinioni attraverso un parlamento che si riuniva due volte l'anno.

Nel 1278 Carlo I d’Angiò notizio’ per il tramite dei suoi giudici di fornire soldati al sovrano per la guerra  e considerato che l’abate di Cava non aveva esentato gli abitanti di Tramutola dal servizio militare, fu riconosciuto che la citta’ potentina “non aveva piu’ alcun obbligo di servizio feudale o personale verso la Curia”.

Vasta documentazione è presente sull’argomento nei documenti dell’Archivio della Badia nel maggio 1148, nel 1151, nel 1154 e nel 1166.  

Testimonianza del passaggio dei monaci cavesi è la lunetta con stemma, sovrastante il portale d’ingresso della Chiesa  madre di Tramutola. La lunetta è sorretta da una mensola in pietra, ove i monaci di Cava, I Cassinesi, posero le insegne religiose, con le iniziali S. T. (Santissima Trinità). Sulla parte della facciata sovrastante la porta di accesso della chiesa, é inciso lo stemma su di una lastra in pietra con al centro uno scudo personale a due fasce e al sommo la mitra, il tutto appoggiato su una base floreale. Nel contenuto della lunetta, sono racchiusi i simboli di quel potere spirituale e di giurisdizione feudale che da Cava si propagarono a Tramutola.

Gli scavi a S.Cesareo del 1957

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L'intervento archeologico a Cava del 1957 ha riguardato la zona di San Cesareo e l'indagine di scavo è stata condotta da alcuni archeologi della Soprintendenza tra marzo e maggio.

Un primo il tratto di lavoro interessò il fondo agrario di proprietà Iorio. Ricordiamo che la località di San Cesareo era già stata oggetto di varie rinvenimenti e già nel 1932 fu trovato un busto votivo di terracotta, conservato nella Badia di Cava. Nel fondo di casa Contursi furono ritrovate una tomba con cassa di mattoni, una statuetta di terracotta e a circa due metri di profondità una soglia di pietra con una cassetta di mattoni di epoca tarda romana: le statuette furono portate alla Badia.

Da San Cesareo proviene anche un’urna funeraria nella Sacrestia della chiesa di Santa Maria di Vetrato e ancora alcune lucerne fittili conservate al comune di Cava e che avevano fatto parte di corredi di tombe in questa frazione che furono trovati agli inizi degli anni ’50.

Nel 1957 venne ritrovato sul fianco sinistro della chiesa di S. Cesareo e nella proprietà Ferrara furono fatti vari scavi: si rinvenne un anello di bronzo, un frammento di terracotta, altre terrecotte, dei frammenti di ceramica sannitica e un muro con numerose conchiglie con altri frammenti di muro. In effetti si pensò alla scoperta di una sorta di complesso termale e, continuando lo scavo, si rinvenne un pavimento con impianto di riscaldamento con il recupero di alcuni pezzi di marmo bianco e giallo. Vi erano poi i resti di alcuni cunicoli appartenenti all'impianto termale e vari muri. Alla fine, dopo una serie di lavori ed indagini archeologiche, si trovarono delle lucerne risalenti dal I al III Sec.d.C. Furono trovati anche frammenti di piombo che erano delle tubature idriche della villa termale, il ritrovamento di vasellame da mensa da cucina, il becco di un lucernario e piatti di ceramica nera che potrebbero far parte della cosiddetta” ceramica campana” databile al II sec. A.C.

Probabilmente la villa romana si è trasformata in architettura medievale conventuale. Le acque termali molto probabilmente raggiungevano l’antico acquedotto romano del torrente Selano. Questi acquedotti furono realizzati per la città di Marcina oppure l’acqua potrebbe essere stata utilizzata nel passaggio per il “ponte del diavolo”, recentemente crollato a Molina.

 A S. Cesareo comunque doveva esserci una villa romana di dimensioni importanti, stante l’ampiezza del settore termale, risalente almeno al IV sec. a.C. Fu poi fu riedificata sul precedente insediamento. Successivamente sulle cisterne fu costruita la chiesa di Santa Maria della Peschiera, di fronte alla chiesa di San Cesareo. Ricordiamo infatti che il nome “peschera” aveva il significato di cisterna. Una dimostrazione che sulla struttura della villa stessa fu costruita la chiesa, è data anche da un pavimento in bianco e nero a motivi geometrici che purtroppo fu lasciato a vista, durante i lavori dei di restauro dei dipinti settecenteschi del 1989 nella chiesa.

tratto da Apollo Bollettino dei Musei Provinciali di Salerno

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