La storia di Cava de’ Tirreni è profondamente intrecciata con quella della sua celebre Abbazia Benedettina della Santissima Trinità. Per secoli, questa istituzione religiosa esercitò un potere quasi assoluto sulla valle metiliana e sui suoi abitanti. Tuttavia, all’inizio del XVI secolo, questa influenza secolare giunse al suo epilogo, segnando una svolta decisiva per l’identità della nostra città.
I rapporti tra i Cavesi e i monaci benedettini furono spesso caratterizzati da tensioni. La popolazione locale aspirava a maggiore autonomia, mentre l’Abbazia cercava di mantenere i propri privilegi e diritti di giurisdizione. Questa situazione creò un crescente malcontento tra i cittadini, desiderosi di liberarsi dal controllo monastico.
Nel 1497, con l’arrivo dell’abate Arsenio di Terracina, sembrò aprirsi uno spiraglio di dialogo. I rappresentanti dell’Università (l’antico governo cittadino) presentarono all’abate i “Capitoli” contenenti privilegi ed esenzioni da confermare. Inizialmente l’abate si mostrò conciliante, arrivando persino a concordare la possibile erezione di un vescovado autonomo.
Tuttavia, le promesse non furono mantenute. I monaci ricorsero al Sacro Regio Consiglio per annullare gli accordi, sostenendo di essere stati costretti a firmarli “per vim et metus” (per forza e timore). Nel dicembre 1504, il Consiglio diede ragione all’Abbazia, stabilendo che “omnia innovata reducantur ad pristinum” (tutto tornasse come prima).
La tensione raggiunse il culmine nel 1507, quando i Cavesi persero un’altra causa riguardante i diritti di legnaggio nelle montagne del monastero. Il 5 marzo di quell’anno, il sindaco Giuliano Pappalardo convocò un’assemblea nella chiesa di San Giacomo, proponendo di invitare ufficialmente l’abate a procedere alla creazione della nuova diocesi.
Di fronte all’ennesimo rifiuto, la situazione precipitò. I cittadini, esasperati, entrarono armati nel monastero, maltrattarono i monaci, li espulsero dal cenobio e affidarono l’Abbazia a dieci sacerdoti secolari. Un atto grave che portò alla scomunica papale.
La controversia richiese l’intervento di alte autorità. La regina Giovanna IV impose ai Cavesi il pagamento di una cauzione di 400 ducati e chiese loro di riunire il Parlamento. Papa Giulio II, grazie all’intercessione della regina, concesse l’assoluzione dalla scomunica il 14 giugno.
La svolta definitiva avvenne con la mediazione del cardinale Luigi d’Aragona, nipote della regina. Morto Papa Giulio II, il cardinale riuscì a stipulare una convenzione tra i Cavesi e l’Abbazia. L’abate Crisostomo d’Alessandro, descritto dalle cronache come “homo natus ad perniciem” e “filius perditionis et filius diaboli”, fu costretto a rinunciare alla giurisdizione spirituale e temporale sulla valle metelliana, su Cava e su altre terre.
Finalmente, il 22 marzo 1513, con la bolla di Papa Leone X (figlio di Lorenzo il Magnifico), nasceva la nuova Diocesi di Cava. La cattedrale fu stabilita nella chiesa di Santa Maria Maggiore o “della Terra”, a pochi passi dall’Abbazia, e il cardinale Luigi d’Aragona divenne il primo vescovo della diocesi appena costituita.
Il territorio della giurisdizione dell’Abbazia venne fortemente ridotto con la nascita della diocesi autonoma di Cava. I monaci, amareggiati per questa perdita, commemorarono l’evento con un’iscrizione lapidea che ancora oggi si trova su un muro del Corpo di Cava in zona Santa Margherita.
Questa lapide, carica di amarezza e ironia, recita: “D.O.M. Magni quondam territorii pontificali beneficentia Sacro cavensi perantiquo coenobio attributi minimam quam possidet partem” (A Dio Ottimo Massimo. Questa lapide indica e segna il confine della piccolissima parte ora posseduta di quello che era una volta il grande territorio assegnato al sacro e antichissimo monastero cavense dalla benevolenza del Pontefice).
La nascita della Diocesi di Cava nel 1513 rappresentò quindi non solo un cambiamento nell’assetto ecclesiastico locale, ma la definitiva affermazione dell’identità civica cavese e l’epilogo di un potere abbaziale che aveva dominato la valle per secoli. Un momento fondamentale che segnò l’inizio di una nuova era per la nostra città.
Tratto da Cava Sacra di don Attilio Della Porta