La spezieria medievale dell’Abbazia SS.Trinità

18 Giu,2025 | Cava Ieri, Le Curiosità

Nel Medioevo, tra i chiostri silenziosi e gli orti ordinati delle abbazie benedettine, prendeva forma una delle espressioni più raffinate del sapere monastico: la spezieria. A Cava de’ Tirreni, all’interno dell’Abbazia della Santissima Trinità fondata nel 1011 da Alferio Pappacarbone, questa tradizione si è radicata profondamente, lasciando una traccia concreta nella storia della medicina naturale in Campania.

La spezieria non era una semplice “farmacia ante litteram”, ma un centro di studio, sperimentazione e assistenza dove si intrecciavano competenze botaniche, conoscenze mediche e un forte senso di carità cristiana.

La cultura della cura: i monaci e la medicina

Nell’alto Medioevo, il sapere medico era custodito quasi esclusivamente nei monasteri. I monaci benedettini, seguendo la regola di San Benedetto – “Ora et labora” – non si limitavano alla preghiera, ma si dedicavano anche all’assistenza dei malati, alla coltivazione delle piante officinali e allo studio dei testi antichi.

Presso l’Abbazia di Cava, come in molte grandi abbazie dell’epoca, si sviluppò un sistema articolato di cura che comprendeva:

  • un hortus sanitatis, cioè un giardino dei semplici per la coltivazione delle erbe medicinali;
  • uno xenodochio, struttura destinata all’ospitalità di pellegrini e infermi;
  • e naturalmente la spezieria, luogo di trasformazione delle materie prime in rimedi.

La materia prima: il giardino dei semplici

Nel giardino monastico si coltivavano le cosiddette “simplicia”, ovvero le piante dotate di proprietà curative. Si trattava di una selezione sapiente di specie officinali, utilizzate singolarmente o in combinazione, a seconda della patologia da trattare. Tra le più comuni:

  • Salvia (per lenire infiammazioni);
  • Rosmarino e timo (antisettici naturali);
  • Melissa e camomilla (rilassanti e digestive);
  • Ruta, assenzio, finocchio, lavanda, e molte altre.

Le piante venivano raccolte secondo i ritmi stagionali, essiccate con cura e conservate in contenitori di ceramica o vetro, spesso sigillati con cera o pergamena.

Dall’erba alla cura: la preparazione dei rimedi

All’interno della spezieria, i monaci trasformavano le erbe in preparati terapeutici: decotti, infusi, oli, pomate, tinture alcoliche e anche pastiglie rudimentali. L’arte della speziale si basava su una combinazione di osservazione empirica, studio dei testi classici e trasmissione orale.

Gli strumenti del mestiere includevano:

  • Mortai in pietra o bronzo per polverizzare le piante;
  • Alambicchi per la distillazione;
  • Bilance di precisione;
  • Scatole e vasi in ceramica contrassegnati con simboli o nomi in latino.

Molti di questi oggetti si possono ancora oggi ammirare nella ricostruzione della spezieria all’interno dell’Abbazia cavense.

Una farmacia nata dallo studio

L’efficacia della spezieria monastica non si basava solo sull’esperienza, ma anche su uno studio rigoroso delle fonti. Nella celebre biblioteca dell’Abbazia di Cava, ancora oggi conservata, si trovano manoscritti e codici miniati che attestano la lettura e la copia di opere mediche fondamentali come:

  • il De Materia Medica di Dioscoride,
  • i trattati di Galeno e Ippocrate,
  • il Canon Medicinae di Avicenna.

I monaci cavensi furono quindi anche copisti, traduttori e conservatori della scienza medica, in un’epoca in cui gran parte del sapere classico rischiava l’oblio.


Il valore sociale e spirituale della spezieria

Oltre all’aspetto scientifico, la spezieria cavense rappresentava un gesto di carità concreta, conforme al comandamento evangelico della cura verso i più deboli. Chiunque bussasse alla porta dell’abbazia, che fosse pellegrino, viandante o malato, trovava accoglienza e assistenza, gratuita e dignitosa.

Non sorprende che la cura dell’anima e del corpo venisse considerata un’unica missione: medicina e spiritualità si fondevano, nella convinzione che la guarigione fosse un atto integrale, che coinvolgeva corpo, mente e spirito.

Ildebrando Milano: scienziato e monaco al servizio della natura

Nel XIX secolo, la tradizione spezieristica dell’Abbazia venne rilanciata da una figura straordinaria: fra’ Ildebrando Milano.

Nato a Napoli nel 1830 dai Conti Milano, prese i voti nel 1855. Uomo di vasta cultura, appassionato di Scienze naturali e Botanica, durante la sua permanenza presso la Badia di Cava lasciò numerosi scritti di valore, oggi custoditi nella Biblioteca dell’Abbazia.

Tra le sue opere spiccano le “Tavole fitotomiche” (1891), un dettagliato studio illustrato sulla flora medica, economica e industriale, che dimostra come anche in pieno Ottocento l’Abbazia fosse ancora un centro attivo di ricerca.

Il biscotto del benedettino: la dolce tradizione segreta

Oltre ai rimedi curativi, la sapienza monastica si esprimeva anche in cucina. Tra le ricette storiche più misteriose e affascinanti dell’Abbazia si tramanda quella del biscotto del benedettino, un dolce semplice ma ricco di significato, le cui origini si perdono nei secoli.

Nel prezioso registro della cucina dell’Abbazia, conservato nell’Archivio e datato 1730–1734, sono riportate giorno per giorno le pietanze preparate per la comunità monastica. Il biscotto, ancora oggi custodito come ricetta segreta, rappresenta un piccolo esempio di continuità tra cultura materiale, spiritualità e gusto.

Un’eredità da riscoprire

La spezieria dell’Abbazia della Trinità, oggi visitabile come parte del percorso museale, rappresenta non solo un’importante testimonianza storica, ma anche un modello di armonia tra uomo e natura. In un tempo moderno in cui la medicina naturale è tornata al centro dell’interesse collettivo, l’esperienza dei monaci cavensi appare di straordinaria attualità.

Chi desidera approfondire questa affascinante pagina di storia può visitare l’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni, ammirare la ricostruzione della spezieria, sfogliare i codici miniati della biblioteca e riscoprire il legame profondo tra conoscenza, fede e cura.


A cura della redazione di TuttosuCava


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