La processione del Corpus Domini a Cava de’ Tirreni ha da sempre rappresentato uno degli eventi più solenni e partecipati della città, caratterizzato da un elemento distintivo: il “cappellone”, un imponente apparato festivo che per secoli ha accompagnato il Sacramento per le vie del borgo.
Le Origini Settecentesche: I Documenti d’Archivio
La storia documentata del cappellone cavese affonda le sue radici nel XVIII secolo. Secondo quanto emerge dagli archivi storici, già nel 19 aprile 1731 i governatori della città incaricarono Giuseppe Manzo di elevare il cappellone per l’anno corrente e il successivo 1732, seguendo il disegno preparato e custodito dal Regio Governatore di Cava Giuseppe Iamundo Faxardo, con un compenso di 130 ducati.
Gli accordi stipulati erano estremamente dettagliati: Giuseppe doveva realizzare il catafalco seguendo il disegno, con tutto il panneggiamento e la macchina del catafalco. I maestri artigiani avrebbero fornito le cere e i candelieri d’argento per il servizio dell’altare, mentre il catafalco sarebbe stato decorato con drappi di panni di seta damascati cremesi, lame e broccati di buona qualità.
La famiglia Canonico e l’arte degli “apparatori”
Nell’Ottocento e Novecento, i documenti testimoniano l’attività di numerosi “apparatori” della famiglia Canonico di San Lorenzo, tra cui si distingueva l’artista Giuseppe Canonico. Fu proprio lui a costruire nell’aprile 1893 il “tosello” su cui venne collocata la statua del Crocifisso durante la festa centenaria in Cattedrale.
Nel 1900, Giuseppe Canonico elevò il cappellone per la processione del Corpus Domini, mentre nel 1913 costruì il trono per la statua di Sant’Adiutore in occasione della festa patronale in Cattedrale.
Gli artigiani del Settecento
Il 14 maggio 1727, i governatori della cappella del Santissimo incaricarono Pietro Muscettola, maestro scultore coadiuvato da Angelo Salerno, di elevare il cappellone per quell’anno e il successivo 1728, con un compenso di 80 ducati.
Il 20 maggio 1729, furono i maestri Antonio e Giuseppe Manzo, padre e figlio, a ricevere l’incarico di costruire il cappellone per il 15 giugno, destinato alla processione del Venerabile dalla Cattedrale alla Chiesa di San Francesco d’Assisi. Il compenso stabilito fu di 145 ducati, e i Manzo dovevano realizzare quattro canne di panni di taffettà per le arche del catafalco, che doveva apparire rivestito di drappi di morcato, damasco e lama specchio.
La sorveglianza dei lavori era affidata a tre tavolari: il notaio Domenico Genoino, Francesco Buongiorno e Giovan Nicola Cafaro.
La struttura del Cappellone
Il cappellone era un vero capolavoro di architettura effimera: consisteva in un alto palco su cui veniva collocato un altare, adornato di luci e fiori, sovrastato da un padiglione decorato con drappi di seta e tessuti preziosi.
A volte veniva eretto nella piazza antistante la Cattedrale, altre volte alla fine del Borgo, lungo la strada per San Vito. Gli accordi specificavano che i panni del cappellone dovevano essere di prima e seconda sorte, lavorati di francie e lama, imbroccati nella forma decente, con archi decorativi e pelieri.
I commercianti del Borgo e la tradizione
L’usanza di elevare il cappellone in piazza durante la processione del Corpus Domini durò fino agli anni Sessanta del secolo scorso. A occuparsene erano gli antichi negozianti del Borgo: Della Monica, Passaro, Cesaro, Parisi, Bisogno, Gravagnuolo, Violante, Sorrentino, Pisapia, Avallone, D’Andria e altri.
I confratelli, appartenenti al ceto dei negozianti di seta e tessuti pregiati del Borgo, si impegnavano a mantenere la cappella decorosa e ad accompagnare con luci e torce il Santissimo durante il viatico agli infermi.
Le radici spirituali della festa
La devozione della città di Cava per il Santissimo Sacramento ha origini antiche. Già nei primi decenni del Cinquecento era attiva nella Chiesa di San Pietro a Siepi la confraternità del Santissimo Corpo di Cristo, che aveva lasciato il bellissimo tabernacolo eucaristico di marmo, ancora presente nella Chiesa, datato 1539.
Nel 1607, il vescovo Cesare Lippi da Mordano, già docente di teologia all’Università di Padova, fondò in cattedrale la Congrega del Santissimo Sacramento e dei mercanti, con sede nella cappella del Rosario.
La processione e i suoi rituali
Durante la processione, il canonico arcidiacono della Cattedrale portava l’ostensorio d’argento con l’Ostia Santa, salendo sul palco del cappellone. Dopo le preghiere accompagnate dal suono dei musici e dai cantori, benediceva il popolo dall’alto, per poi proseguire verso la Cattedrale.
Per il passaggio della processione veniva addirittura addobbato il frontespizio del Palazzo del Reggimento (l’antico Municipio). Un documento del 18 giugno 1724 attesta il pagamento a Giuseppe Manzo per l’affitto di panni d’intaglio napoletani utilizzati per decorare il palazzo durante la festività del Corpus Domini.
Il declino di una tradizione
Negli anni Sessanta del Novecento, con l’avvento del consumismo, si disperse progressivamente il grande patrimonio di tradizioni e devozioni che caratterizzava la vita religiosa e sociale della città, nell’indifferenza dei cittadini ormai assuefatti ai nuovi costumi.
Oggi, questa tradizione sopravvive nella memoria storica e nei documenti d’archivio, testimonianza di un’epoca in cui fede, arte e comunità si fondevano in manifestazioni di straordinaria bellezza e partecipazione popolare.
Fonti: Archivio di Stato di Salerno, Archivio Storico Comunale di Cava de’ Tirreni, S. Milano “La Cattedrale di Santa Maria della Visitazione” (2014)