Gaetano Filangieri

10 Apr,2025 | I Personaggi

Nato a Napoli il 18 agosto 1752, Gaetano Filangieri rappresenta una delle menti più brillanti dell’illuminismo italiano, un pensatore che, nonostante la sua breve vita, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del pensiero giuridico e filosofico europeo. Terzogenito di Cesare, principe di Arianiello, e di Marianna Montalto dei Duchi di Fragnito, Filangieri incarnò gli ideali illuministi in un’epoca di grandi fermenti intellettuali e sociali.

Il soggiorno a Cava de’ Tirreni: un periodo fecondo

Nell’agosto del 1783, dopo aver sposato Carolina Fremdel di Presburgo, Filangieri si stabilì a Cava de’ Tirreni, ospite della famiglia Carraturo, in una villa situata nelle vicinanze del Borgo, all’inizio della strada per Passiano. Questo soggiorno cavese si rivelò particolarmente significativo sia per la sua vita personale che per la sua produzione intellettuale.

Durante la permanenza a Cava, nacquero i suoi due figli, Carlo e Roberto, ma soprattutto fu qui che Filangieri compose la maggior parte della sua opera più importante: “La Scienza della Legislazione”. Rimase nella nostra città fino al maggio 1787, un periodo di quasi quattro anni durante il quale portò a compimento il suo capolavoro filosofico-giuridico.

“La Scienza della Legislazione”: un’opera rivoluzionaria

“La Scienza della Legislazione” rappresenta il culmine del pensiero di Filangieri, un’opera monumentale in sette volumi che delinea una visione innovativa del diritto e della società. I primi due volumi, che contengono le norme sulle quali la legislazione deve procedere e una discussione delle leggi in materia politica ed economica, furono seguiti da un terzo volume dedicato interamente alla materia penale.

Il quarto volume tratta dei principi educativi, mentre il quinto si addentra nella storia delle religioni, sottolineando il vantaggio del Cristianesimo su altre religioni, ma anche i pericoli della superstizione e del fanatismo. Gli ultimi due volumi affrontano temi cruciali come la proprietà e la famiglia.

La portata rivoluzionaria dell’opera non passò inosservata alle autorità ecclesiastiche. Alcune osservazioni relative alla necessità di una riforma della Chiesa attirarono le censure dei tribunali ecclesiastici, e il libro fu condannato dalla Congregazione dell’Indice nel 1784. Nonostante questo, l’opera ebbe un’enorme fortuna in Italia e in Europa, dove circolò in diverse traduzioni.

Il pensiero: dalla monarchia illuminata alla felicità nazionale

Nel suo sistema filosofico, Filangieri propose un modello di monarchia illuminata in cui il sovrano si ponesse alla guida di una “rivoluzione pacifica” realizzata attraverso la riforma della legislazione. Per Filangieri, la grandezza delle nazioni non risiedeva nella forza delle armi, bensì nella bontà delle leggi dello Stato, alle quali era affidato il perseguimento del fine ultimo di ogni società umana: la felicità nazionale.

È proprio a Filangieri che si deve la paternità di questo concetto, che richiama “il diritto alla ricerca della felicità” contenuto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti. Suggestiva è la tesi secondo cui l’illuminismo partenopeo di Filangieri avrebbe ispirato Benjamin Franklin nell’annoverare la felicità tra i diritti inalienabili dell’uomo, accanto alla vita e alla libertà.

Le riforme più urgenti proposte da Filangieri riguardavano l’agricoltura, l’uguaglianza civile, l’istruzione, la codificazione, la giustizia, la redistribuzione della proprietà terriera e una fiscalità basata su un’imposta unica. Il sistema economico da lui delineato era di chiara impronta fisiocratica, con l’accento posto sulla concorrenza e il libero scambio.

Un’eredità universale

Filangieri morì di tubercolosi a Vico Equense il 21 giugno 1788, a soli 36 anni, un anno prima della Rivoluzione Francese di cui fu considerato un ispiratore. Il suo pensiero giocò infatti un ruolo importante nel fervore intellettuale settecentesco che sfociò poi in quel fondamentale evento storico.

Quando, dieci anni dopo la sua morte, la rivoluzione raggiunse anche Napoli, al concludersi della breve esperienza repubblicana che ne scaturì, la sua famiglia fu costretta all’esilio. La vedova e i figli trovarono riparo presso Napoleone Bonaparte, allora console, che rese omaggio a Filangieri definendolo “ce jeune homme, notre maître à tous” (quel giovane uomo, maestro per tutti noi).

La statura intellettuale di Filangieri è ben descritta da Johann Wolfgang von Goethe che, incontratolo durante il suo viaggio in Italia, ne parlò così: “Il suo contegno, tra di militare, cavaliere e gentiluomo, era raddolcito da un tenero sentimento morale, che sparso sopra tutta la sua persona traluceva amabilmente dalle sue parole e dal suo aspetto”.

Purtroppo, gli spunti riformatori proposti da Filangieri vennero recepiti solo in minima parte dal Regno borbonico, per essere poi completamente accantonati durante la Restaurazione. Tuttavia, il suo pensiero e le sue idee hanno continuato a influenzare generazioni di giuristi e filosofi, confermando l’universalità e la lungimiranza di questo illustre figlio del Meridione.

La permanenza di Gaetano Filangieri a Cava de’ Tirreni rappresenta dunque un capitolo significativo nella storia della nostra città, che ebbe l’onore di ospitare uno dei più grandi intellettuali dell’Illuminismo italiano proprio negli anni della sua massima creatività.

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