C’è una strada a Cava de’ Tirreni, ubicata in una tranquilla zona semicentrale, dedicata a Sabato Martelli Castaldi. Sulla targa affissa al muro di un palazzo che dà imbocco alla strada, per chi vi abbia fatto caso, c’è scritto: “Medaglia d’oro della Resistenza, Cava de’ Tirreni 19-8-1896 / Fosse Ardeatine 24-3-1944”.

Da brillante generale a partigiano
Dopo una brillante carriera militare, iniziata con l’arruolamento volontario nella Prima guerra mondiale come sottotenente di Artiglieria (decorato con una Medaglia di bronzo), Martelli Castaldi proseguì il suo percorso nell’Aviazione, dove ottenne un’altra Medaglia di bronzo e una d’argento. Nel 1933, a soli 36 anni, fu promosso generale di Brigata aerea, un traguardo straordinario che lo poneva tra i possibili successori di Italo Balbo alla guida del Ministero dell’Aeronautica.
Tuttavia, il suo temperamento franco e il suo rigore morale lo misero in rotta di collisione con il regime fascista. Da giovane ufficiale, trascorse qualche mese in carcere militare per non essersi alzato in piedi durante la proiezione di un “giornale Luce” in cui compariva Mussolini. Più tardi, quando era già generale e capo di Gabinetto del Ministero dell’Aeronautica, presentò al “duce” un rapporto, a tratti ironico, sullo stato pietoso dell’aviazione militare italiana. Questo gli costò il collocamento a riposo senza stipendio “per incapacità di giudizio”.
Nel 1935, “nella riserva”, ottenne la direzione del Polverificio “Stacchini”, alle porte della Capitale, tornando così alla vita civile dopo aver denunciato le ruberie e le truffe dei gerarchi fascisti.
“Tevere”: il generale partigiano
Dopo l’8 settembre 1943, Martelli Castaldi non ebbe dubbi sulla strada da intraprendere. Entrò nel Fronte militare clandestino, il movimento della Resistenza formato da ex ufficiali e soldati, assumendo il nome di battaglia “Tevere” e operando sotto la guida del colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
Il generale si dedicò alla lotta partigiana con tutte le sue capacità organizzative e il suo coraggio, organizzando azioni di sabotaggio nello stesso stabilimento che dirigeva e fornendo esplosivi ai partigiani. Si impegnò anche in missioni rischiose per compiere, per gli Alleati, rilievi di zone militari.
Il sacrificio supremo: dalle torture alle Fosse Ardeatine
Il 17 gennaio 1944, in un gesto di grande nobiltà d’animo, Martelli Castaldi si presentò spontaneamente al Comando tedesco di via Tasso per scagionare il proprietario del polverificio Stacchini, accusato dai tedeschi di aver fiancheggiato i partigiani. Sperava, come gli era riuscito in altre occasioni, di depistare i nazisti, ma questa volta questi avevano già raccolto prove schiaccianti sulla sua attività clandestina.
Arrestato e rinchiuso nel carcere di via Tasso, il generale fu sottoposto a torture brutali, come lui stesso raccontò in un biglietto consegnato di nascosto alla moglie il 4 marzo del ’44:
“La mia camera è di metri 1,30 per 2,60. Siamo in due, non vi è altra luce che quella riflessa da una lampadina elettrica del corridoio antistante, accesa tutto il giorno. Il fisico comincia ad andare veramente giù e questa settimana di denutrizione ha dato il colpo di grazia. Il trattamento fattomi non è stato davvero da «gentleman». Definito «delinquente», sono stato minacciato di fucilazione e percosso, come del resto è abitudine di questa casa: botte a volontà.”
Nonostante le sevizie, Martelli Castaldi non perse mai la sua ironia e il suo coraggio:
“La sera in cui mi dettero 24 nerbate sotto la pianta dei piedi nonché varie scudisciate in parti molli, e cazzotti di vario genere, io non ho dato loro la soddisfazione di un lamento. Solo alla 24esima nerbata risposi con un pernacchione che fece restare i tre manigoldi come tre, autentici, fessi”
Il 23 marzo 1944, i partigiani di Roma fecero esplodere una bomba in via Rasella al passaggio del battaglione Bozen, uccidendo 33 soldati tedeschi. La rappresaglia nazista fu immediata e feroce: per ogni tedesco ucciso, dieci italiani sarebbero stati giustiziati. Martelli Castaldi fu tra i 335 uomini condotti alle cave di pozzolana sulla via Ardeatina e barbaramente trucidati il 24 marzo 1944.
Il testamento spirituale di un eroe
Qualche ora prima di essere trucidato alle Fosse Ardeatine, Sabato Martelli Castaldi riuscì a scrivere sul muro della sua cella questa sorta di testamento spirituale:
“Quando il tuo corpo non sarà più, il tuo spirito sarà ancora più vivo nel ricordo di chi resta. Fa che possa essere sempre di esempio.”

Parole profetiche che oggi risuonano come un monito per tutti i cavesi e gli italiani, affinché non dimentichino il sacrificio di chi ha dato la vita per la libertà.
Per il suo eroismo e il suo sacrificio, Sabato Martelli Castaldi fu insignito della medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria l’8 settembre 1985, durante una cerimonia in Campidoglio per il 41º anniversario dell’inizio della guerra di liberazione.
Una figura da riscoprire e celebrare
La motivazione della Medaglia d’oro recita:
“Dedicatosi senza alcuna ambizione personale e per purissimo amor di Patria all’attività partigiana, vi profondeva, durante quattro mesi di infaticabile e rischiosissima opera, tutte le sue eccezionali doti di coraggio, di intelligenza e di capacità organizzativa, alimentando di uomini e di rifornimenti le bande armate, sottraendo armi ed esplosivi destinati ai tedeschi, fornendo utili informazioni al Comando alleato, sempre con gravissimo rischio personale. Arrestato e lungamente torturato, nulla rivelava circa i propri collaboratori e la propria attività, affrontando serenamente la morte. Esempio nobilissimo di completa e disinteressata dedizione alla causa della libertà del proprio Paese”.