Giovanni Canale: la poesia dall’isolamento dell’epidemia

6 Giu,2024 | I Personaggi

Della vita di Giovanni Canale si sa poco o nulla: nacque a Cava in contrada Pianesi, ove ancora si trova il palazzo gentilizio dei Canale; visse pero’ a lungo fuori città, tra Napoli e l’ Abruzzo, cui si riferiscono molti suo carmi. Mori a 92 anni.

Canale è stato un poeta marinista originario di Cava. Pubblicò la sua prima e seconda raccolta di poesie nel 1667 e una terza nel 1677; nel 1694 diede alle stampe una raccolta che includeva poesie morali, di lode e funebri. Nel 1681 pubblica l’Amatunta a Venezia. I suoi temi spaziavano dall’amore alla morale, e includeva versi dedicati a Napoli e Cava de’ Tirreni, oltre a personalità culturali dell’epoca. Canale, che studiò giurisprudenza e lavorò come notaio, visse oltre la metà del Seicento e mantenne legami con importanti circoli culturali. Morì nel 1696, e la sua opera è influenzata dal noto poeta Giovan Battista Marino-

Fatto curioso su Giovanni Canale è che, durante la peste di Napoli del 1656, trascorse cinque mesi in isolamento domestico, periodo durante il quale scrisse e raccolse le sue poesie, mostrando come la tragedia personale possa trasformarsi in creatività artistica. Inoltre, nella sua biografia, viene menzionata la perdita di due figli e della moglie a causa dell’epidemia, rendendo la sua esperienza ancora più toccante.
Non poche sono le poesie che fanno riferimento alla sua provenienza metelliana. Ad esempio ne Dell’antica Marcinna il ricco lido ne parla al Signor Ignazio Di Nives nell’occasione della venuta dei Duchi di Nocera dalla Calabria; ma molte altre sue poesie si riferiscono a notabili de la Città de la Cava: al poeta Tommaso Gaudiosi, con Tommaso De Rosa, vescovo di Policastro, Don Stefano Quaranta, arcivescovo di Amalfi, Don Giuseppe Canale, presidente della Regia Camera.

Tra i suoi sonetti ricordiamo quello che esalta il monastero della SS.Trinità:

Ecco la valle e la scoscesa balza
Ecco del fiumicel l’onda sonora
Che mormorando in precipizi sbalza
E le sue sponde inargentando infiora.
Dentro quel Sasso là, che curvo s’alza,
Co’ sui consorti Alferio ivi dimora.
Alma divota, il passo affretta e incalza,
E lo Speco, e i santi inchina e adora
Godi il canto dolcissimo e divino,
Che fan dei boschi i musici volanti
D’intorno all’antro e sopra il giogo alpino
Mira dall’armonia di si bei canti
Ch’ogn’angelo del ciel, fatto augellino,
Cantar dei divi l’alte glorie e i vanti

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