Nel cuore della Valle Metelliana, c’è un artista che ha saputo raccontare Cava come pochi: Matteo Apicella. Nato nel 1910 e scomparso nel 1996, ha vissuto quasi un intero secolo lasciando un’impronta indelebile nell’arte e nella cultura della sua città.
Matteo era un uomo di poche parole, riservato e sensibile. Il suo studio era il suo rifugio, un luogo dove si dedicava interamente alla pittura, lontano dalle mode e dalle esagerazioni del mondo dell’arte. In un’epoca in cui gli artisti cercavano spesso di stupire con stravaganze, lui restava fedele alla sua visione, sincera e spontanea.
Un critico d’arte una volta si chiese: “Da quanti anni Matteo Apicella lavora nel suo angolo di Cava? Vent’anni? Trenta? Forse di più”. Una riflessione che sottolinea la dedizione di un artista instancabile, sempre alla ricerca dell’autenticità. Spesso paragonato ai pittori della Scuola di Barbizon, Apicella, come loro, amava immergersi nella natura e catturarne l’essenza con un tocco intimo e personale.
Seguendo le orme di artisti come Giacinto Gigante e Filippo Palizzi, Matteo ha esplorato i paesaggi cavesi, trasformandoli in dipinti di straordinaria profondità emotiva. Non era solo un osservatore, ma un narratore della sua terra. Ogni suo quadro racconta una storia, fatta di colori tenui e di atmosfere sospese, quasi sussurrate.
Le sue opere si riconoscono per la pennellata fluida e per la tavolozza delicata, fatta di grigi, verdi spenti e bianchi sfumati. I suoi dipinti non cercano di stupire con effetti forti, ma invitano chi li guarda a un dialogo silenzioso con il paesaggio.
Per oltre cinquant’anni, Apicella ha immortalato gli angoli più suggestivi di Cava: dal Borgo Antico alle valli verdi, dai casolari nascosti ai dettagli più semplici ma significativi della sua città. Le sue tele sono diventate una sorta di archivio visivo, un patrimonio inestimabile che ci restituisce un passato ormai lontano.
Ma Matteo Apicella non era solo un pittore: era anche un poeta. E questa sua doppia anima si riflette in ogni pennellata, capace di evocare emozioni profonde. I suoi quadri sono versi dipinti, in cui ogni sfumatura racconta un frammento di vita.
Fino alla fine, non ha mai smesso di dipingere e condividere la sua arte. La sua ultima mostra, nel 1994, dimostra come la sua ispirazione sia rimasta viva fino all’ultimo.
Oggi, a più di trent’anni dalla sua scomparsa, il valore della sua opera merita di essere riscoperto e apprezzato. Le sue tele non sono solo ricordi, ma una delle più sincere rappresentazioni dell’anima di Cava de’ Tirreni.
In un mondo che corre veloce, la pittura lenta e meditativa di Apicella ci ricorda quanto sia importante fermarsi, osservare e lasciarsi coinvolgere dalla bellezza che ci circonda. Un insegnamento prezioso, capace di parlare ancora oggi a chi sa ascoltare.