Tra le figure storiche più rilevanti di Cava spicca quella di Raffaele Baldi, considerato da molti uno dei sindaci più amati della città. Letterato, storiografo e convinto antifascista, Baldi rappresentò una ventata di rinnovamento politico in un periodo complesso della storia italiana, prima che l’avvento del fascismo stroncasse la sua azione amministrativa.
Le origini e la formazione
Nato il 18 maggio 1889 nella frazione di Santa Lucia, Raffaele Baldi proveniva da una benestante famiglia cattolica di professionisti: avvocati, medici, notai e proprietari terrieri. Compì i suoi studi presso il collegio dell’Abbazia benedettina, ma la sua sete di conoscenza lo spinse ad approfondire autonomamente i grandi della letteratura italiana come Pascoli, Carducci, Verga, D’Annunzio e Fogazzaro.
Dopo la licenza liceale, si trasferì a Napoli dove conseguì la laurea in Lettere, studiando con illustri maestri come Torraca, D’Ovidio e Kerbaker. Furono anni particolarmente felici, durante i quali strinse amicizie importanti con altri brillanti intellettuali del tempo: Andrea Sorrentino, Francesco e Marco Galdi, Matteo Della Corte, e molti altri.
La passione per la letteratura
La sua passione per Carducci e Leopardi lo portò naturalmente verso la poesia. Nel 1912 pubblicò la sua prima raccolta, intitolata “Pervigilium”, con lo pseudonimo di Felice Campania. Tra il 1910 e il 1917 Baldi si dedicò anche a studi storici e letterari, pubblicando saggi su Foscolo, Boccaccio, Pascoli e Arcadia, oltre a uno studio sulla controrivoluzione cavese del 1799.
Nonostante sembrasse avviato a una brillante carriera di insegnante, una sindrome asmatica lo costrinse ad abbandonare questo percorso. Fu in questo periodo che iniziò a interessarsi di politica, scegliendo di militare nel Partito popolare, fondato a Cava da don Mario Violante e don Peppino Trezza.
L’esperienza di sindaco
Nel clima politicamente acceso del 1922, a pochi mesi dalla marcia su Roma, si tennero a Cava le elezioni amministrative. I cittadini scelsero il cambiamento: Raffaele Baldi, a soli 34 anni, fu il candidato più votato e divenne sindaco, superando i vecchi esponenti del liberalismo locale.
La sua amministrazione si caratterizzò per la vicinanza ai cittadini. Baldi era noto per la sua disponibilità: accoglieva tutti con un sorriso e cercava di risolvere i problemi con semplicità e calore umano, senza distinzioni tra ricchi e poveri. Come scrisse Michele Grieco, il suo motto era “servire, non servirsi” – un principio che gli valse nel 1923 la nomina papale a Cavaliere di cappa e spada, su proposta del Vescovo di Cava.
Il suo programma di governo, presentato il 22 luglio 1922, affrontava problemi concreti: la semplificazione dei servizi comunali, l’istituzione dei vigili del fuoco, la riforma dell’Ufficio tecnico, il miglioramento della manutenzione stradale e dell’acquedotto, la riduzione del numero degli impiegati, la soluzione dei problemi di illuminazione, la pavimentazione dei portici, l’estensione del servizio telefonico alle frazioni e il rilancio turistico della città.
L’opposizione al fascismo e gli ultimi anni
La stagione di rinnovamento durò solo due anni, travolta dall’avvento della dittatura fascista. Nel 1924, i fascisti cavesi, consapevoli della popolarità di Baldi, lo prelevarono con la forza dal Municipio e lo condussero in Piazza Duomo, intimandogli di sconfessare pubblicamente la sua fede politica. Come ricorda don Giuseppe Trezza, “la sua coscienza non si piegò”.
Costretto alle dimissioni, Baldi si ritirò a vita privata, ma non cessò il suo impegno verso gli altri. Nonostante le persecuzioni del regime e l’aggravarsi della sua malattia asmatica, riprese l’insegnamento, ospitando nella sua casa ai Pianesi numerosi studenti cavesi e salernitani bisognosi di aiuto.
Durante il ventennio fascista, continuò la sua attività intellettuale, pubblicando saggi su Carducci, Marco Galdi, la famiglia Genoino e la storia di Cava. Era noto come un “personaggio mitico e proibito”, a cui il regime aveva vietato l’insegnamento nelle scuole statali per le sue idee antifasciste.
La tragica fine
Gli orrori della guerra segnarono profondamente Raffaele Baldi, ormai provato fisicamente e moralmente. Morì tragicamente il 20 settembre 1943, all’età di 54 anni, durante lo sbarco anglo-americano a Vietri e Salerno, sotto le macerie della sua casa ai Pianesi colpita dalle bombe. Con lui persero la vita la cognata Ester Senatore, il figlio di lei di 3 anni e la domestica.
In quelle drammatiche circostanze, don Mario Violante, sfidando il fuoco delle granate tedesche e inglesi, recuperò il suo corpo dalle macerie e lo trasportò al cimitero.
La memoria
La memoria di Raffaele Baldi è stata onorata in diverse occasioni. Nel 1944, i suoi amici pubblicarono un opuscolo di Andrea Sorrentino intitolato “Per la memoria di Raffaele Baldi”. Nel 1983, in occasione dell’anniversario della sua morte, il Comune organizzò una mostra dedicata a lui e alla sua generazione di amici: “Mostra Raffaele Baldi. Opere e Uomini”, e fu pubblicato un numero speciale su “Il Lavoro Tirreno” di Lucio Barone: “Omaggio a Raffaele Baldi”.
RNegli anni scorsi è stata ristampata una delle sue opere più interessanti: “Saggi storici introduttivi alle farse cavajole”, a cura di Agnello Baldi (Avagliano Editore).
La figura di Raffaele Baldi rappresenta un esempio luminoso di integrità morale, impegno civile e amore per la cultura e per la propria città, valori che continuano a ispirare la comunità di Cava . Notevole la poesia di Baldi, poeta dello scorso secolo, nella descrizione che fa di una casa tipica cavese in :
Nostalgia
Amo le case di cent’ anni fa!
Le scale larghe scalcinate, chiare,
Si snodan lente fino ad una porta.
Che sembra aprirsi nell’immensità
Ivi stan de le donne ad agucchiare.
Sole, cantando una canzone morta.
Il letto è ancora di ferro. Le spalliere
Recano al centro un gentilizio emblema
Tre stelle, un braccio, un’arme, due corone
Pendono l’armi alle pareti: a schiere
Guardano da cornici giallo-crema
Gli avi vetusti: un conte od un barone.
Qua e là cassettoni stile impero,
un divano sdrucito, un caminetto
una specchiera delle tazze antiche:
il pavimento, tutte crepe e nero
D’ umido esprime qualche fiore schietto,
corteggiato da sciami di formiche.