Era una bambina di soli undici anni, con gli occhi pieni di sogni e un costumino giallo. Simonetta Lamberti rappresenta una delle pagine più dolorose nella storia di Cava de’ Tirreni, vittima innocente della ferocia della camorra che non risparmiò nemmeno una bambina.
Quel 29 maggio 1982 si presentò come una splendida giornata di sole. Simonetta era intenta a fare i compiti nella sua casa di Cava quando il padre, il procuratore capo di Sala Consilina Alfonso Lamberti, le fece una sorpresa inaspettata: un pomeriggio al mare, solo loro due. Per Simonetta fu una gioia immensa, tanto che corse subito a indossare il suo costumino giallo per dirigersi verso la spiaggia di Vietri sul Mare.
Padre e figlia trascorsero ore serene in quelle acque cristalline, momenti di spensieratezza rubati agli impegni quotidiani, istanti preziosi di quella normalità familiare che spesso veniva sacrificata a causa del lavoro del magistrato.
Al ritorno, stanca ma felice, Simonetta si addormentò sul sedile posteriore dell’auto. Non avrebbe mai più riaperto gli occhi. A pochi metri da Cava, la BMW del procuratore venne affiancata da un altro veicolo dal quale partirono diversi colpi di arma da fuoco. Il giudice venne ferito in modo non grave, ma Simonetta fu colpita alla testa e morì poco dopo.
La camorra voleva punire il magistrato per le sue indagini contro i clan. I sicari non si fermarono di fronte alla presenza di una bambina: sapevano che era lì, ma decisero comunque di sparare, dimostrando ancora una volta la disumanità che caratterizza le organizzazioni criminali.
Alfonso Lamberti, sopravvissuto all’attentato, dovette affrontare il dolore più grande che un genitore possa provare: la perdita di una figlia. Dedicò il resto della sua carriera alla ricerca dei responsabili dell’omicidio di Simonetta, un impegno che portò alla condanna a trent’anni di reclusione di Antonio Pignataro, morto lo scorso aprile 2025.
Oggi, a Cava de’ Tirreni, il ricordo di Simonetta vive nelle iniziative che portano il suo nome e nelle coscienze di chi crede che la memoria delle vittime innocenti della camorra non debba mai affievolirsi. La sua storia ci ricorda che dietro ogni nome c’è una vita spezzata, una quotidianità interrotta, una famiglia distrutta.
Il sacrificio involontario di questa bambina cavese rappresenta un monito per tutti noi: la lotta alla criminalità organizzata è anche una battaglia di civiltà, per un futuro in cui nessun bambino debba pagare con la vita le scelte professionali di un genitore.
Simonetta Lamberti non era nel posto sbagliato al momento sbagliato: era semplicemente con suo padre, dove desiderava essere. La sua storia ci impone di non abbassare mai la guardia contro una criminalità che non conosce limiti morali, che non si ferma nemmeno davanti all’innocenza di una bambina di undici anni con un costumino giallo e tanti sogni nel cassetto.